352mila cittadini italiani hanno firmato una petizione che potrebbe cambiare definitivamente le abitudini cronologiche del Paese. Lunedì 17 novembre alla Camera dei deputati approda ufficialmente la richiesta di indagine conoscitiva promossa dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), dall’associazione Consumerismo No Profit e dal deputato della Lega Andrea Barabotti, con l’obiettivo dichiarato di avviare un iter parlamentare per abolire l’ora solare e rendere permanente l’ora legale sul territorio nazionale.
L’iniziativa rappresenta un passaggio concreto verso una riforma attesa da anni, che trova fondamento nei dati economici, ambientali e sanitari accumulati nel corso di oltre due decenni di sperimentazione dell’orario estivo. Secondo quanto previsto dal percorso istituzionale, qualora l’indagine conoscitiva venisse approvata dalla Commissione Attività Produttive, entro il 30 giugno 2026 dovrebbe essere presentata una proposta normativa che metta fine al cambio stagionale dell’ora, mantenendo stabilmente l’orario legale per tutti i dodici mesi dell’anno.
La raccolta di firme, avviata attraverso una petizione online dalle due organizzazioni promotrici, ha superato ogni aspettativa iniziale, raggiungendo quota 352mila adesioni e testimoniando un malessere diffuso verso il doppio passaggio annuale tra ora solare e ora legale. Il presidente di SIMA, Alessandro Miani, medico e docente di Prevenzione ambientale presso l’Università Statale di Milano, nonché membro del Governance Council dell’International WELL Building Institute di New York, ha ripetutamente sottolineato come il cambiamento dell’orario alteri la ritmicità circadiana dell’organismo umano, provocando conseguenze che si estendono ben oltre il semplice fastidio di spostare le lancette dell’orologio.
Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo No Profit, laureato in Scienze Politiche e consulente esperto in tematiche consumeristiche per numerose testate giornalistiche e programmi televisivi, ha ribadito la necessità di un intervento legislativo definitivo, richiamando la possibilità offerta dall’Unione Europea agli Stati membri di scegliere autonomamente l’orario permanente da adottare. Una possibilità prevista dalla direttiva approvata dal Parlamento europeo nel 2019, che lascia ampia discrezionalità alle singole nazioni, pur auspicando un coordinamento tra i vari Paesi per evitare ripercussioni sui movimenti transfrontalieri e sugli scambi commerciali.
La questione dell’abolizione del cambio orario non è nuova nel panorama europeo. Nel 2018 la Commissione Europea aveva lanciato una consultazione pubblica che ottenne un numero record di partecipazioni, ben 4,6 milioni di cittadini provenienti dai ventotto Stati membri, cifra che rappresenta tuttora il più alto livello di partecipazione mai registrato in una consultazione pubblica dell’Unione. L’84 per cento dei partecipanti si era espresso a favore dell’abolizione del cambio d’ora, con percentuali particolarmente elevate in Polonia e Finlandia, mentre in Italia il 66 per cento degli intervistati aveva manifestato il proprio sostegno all’eliminazione dell’alternanza stagionale.
Sulla base di questi risultati, il Parlamento europeo aveva approvato nel marzo 2019 una proposta di direttiva che rinviava al 2021 la scelta definitiva sull’orario permanente da adottare nei singoli Stati. Tuttavia, l’emergenza pandemica da COVID-19, le divergenze tra i Paesi membri e la complessità del coordinamento nei trasporti hanno congelato l’intero processo, lasciando la questione in sospeso. Recentemente, nell’ottobre 2025, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha riacceso il dibattito europeo presentando al Consiglio dell’Unione Europea una proposta informativa sul tema, definendo il cambio d’ora «senza senso» e sollecitando Bruxelles a riaprire un confronto rimasto fermo da anni. Il commissario europeo all’Energia, il danese Dan Jørgensen, ha accolto positivamente l’iniziativa spagnola, annunciando l’avvio di un nuovo studio per valutare gli effetti del cambio d’ora, pur riconoscendo che la questione non rappresenta una priorità assoluta nell’agenda politica dell’Unione.
Dal punto di vista economico ed energetico, i dati forniti da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale italiana, offrono un quadro estremamente favorevole all’adozione permanente dell’ora legale. Nel periodo compreso tra il 2004 e il 2025, l’utilizzo dell’orario estivo ha consentito all’Italia di risparmiare complessivamente oltre 12 miliardi di chilowattora di energia elettrica, traducendosi in un risparmio economico per i cittadini pari a circa 2,3 miliardi di euro. Nei soli sette mesi di applicazione dell’ora legale nel 2025, dal 30 marzo al 26 ottobre, il sistema elettrico italiano ha registrato minori consumi per 310 milioni di chilowattora, equivalenti al fabbisogno medio annuo di circa 120mila famiglie, con un risparmio economico superiore ai 90 milioni di euro, calcolato considerando un costo medio al kilowattora di 29,1 centesimi di euro al lordo delle imposte.
I promotori dell’iniziativa stimano che rendere permanente l’orario estivo potrebbe generare un ulteriore risparmio annuo di circa 720 milioni di chilowattora, con vantaggi economici in bolletta quantificabili in circa 180 milioni di euro. Sul fronte ambientale, il minor consumo di energia elettrica derivante dall’adozione dell’ora legale ha permesso di evitare l’emissione in atmosfera di circa 145mila tonnellate di anidride carbonica nel solo 2025, cifra che nel lungo periodo, dal 2004 al 2025, si attesta tra le 160mila e le 200mila tonnellate all’anno, quantità equivalente all’assorbimento di CO2 operato da una foresta compresa tra i 2 e i 6 milioni di alberi.
Oltre ai benefici strettamente energetici ed economici, l’adozione permanente dell’ora legale comporterebbe effetti positivi su diversi settori dell’economia italiana. Il commercio al dettaglio e la ristorazione trarrebbero vantaggio dalle giornate più luminose, che incentivano i consumi nelle ore serali e favoriscono le attività all’aperto. Il turismo, settore che rappresenta oltre il 12 per cento del prodotto interno lordo italiano, beneficerebbe di una stagione estiva prolungata e di maggiori opportunità di valorizzazione delle destinazioni turistiche, delle città d’arte e delle aree costiere. L’ampliamento delle ore di luce naturale nel pomeriggio e nella sera stimolerebbe inoltre la pratica di attività fisica e sportiva, con ricadute positive sulla salute pubblica e sul benessere psicologico della popolazione.
Proprio l’aspetto sanitario costituisce uno degli argomenti più dibattuti nel contesto della discussione sull’ora legale permanente. Secondo SIMA e numerosi studi scientifici internazionali, il passaggio dall’ora legale all’ora solare e viceversa provoca un’alterazione del ritmo circadiano, l’orologio biologico interno che regola il ciclo sonno-veglia, la produzione ormonale, la temperatura corporea e la pressione arteriosa. Questa alterazione non è priva di conseguenze: diverse ricerche hanno documentato un aumento del quattro per cento degli attacchi cardiaci nella settimana successiva al cambio d’orario, fenomeno segnalato in particolare da uno studio dell’Università di Stoccolma. Uno studio australiano ha inoltre evidenziato un incremento dei suicidi nelle settimane immediatamente successive al passaggio tra i due orari, sottolineando il legame tra l’adattamento ai nuovi ritmi e il benessere mentale delle persone più vulnerabili.
Gli effetti negativi del cambio orario si manifestano anche attraverso disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, irritabilità, stanchezza e cali di rendimento sul lavoro e a scuola. La riduzione dell’esposizione alla luce pomeridiana, conseguente al ritorno all’ora solare, influisce sui livelli di serotonina e melatonina, i due ormoni chiave che regolano l’umore e il sonno, favorendo in alcuni soggetti l’insorgenza di quella che viene definita tristezza stagionale o disturbo affettivo stagionale. Le donne risultano particolarmente sensibili a questi cambiamenti, poiché il loro organismo è soggetto a ciclicità ormonali e risente maggiormente delle interferenze alle variazioni ambientali.
Sul fronte della sicurezza pubblica, i dati disponibili indicano che nei periodi di applicazione dell’ora legale si registra una diminuzione fino al 13 per cento degli incidenti stradali a danno dei pedoni, fenomeno direttamente connesso all’aumento della visibilità lungo le strade nelle ore serali. Al contrario, il ritorno all’ora solare, allungando il periodo di buio serale, comporta un incremento degli incidenti stradali e sul lavoro, oltre a favorire potenzialmente l’aumento della criminalità, con una maggiore concentrazione di furti, rapine e altri reati nelle ore crepuscolari. Questi elementi rafforzano la tesi dei promotori dell’ora legale permanente, che vedono nella stabilizzazione dell’orario estivo uno strumento capace di incidere positivamente non solo sull’economia e sull’ambiente, ma anche sulla salute, sulla sicurezza e sulla qualità della vita dei cittadini.
Il dibattito sull’abolizione del cambio orario non riguarda esclusivamente l’Italia e l’Europa. Nel panorama internazionale, diversi Paesi hanno già adottato soluzioni definitive, mantenendo un orario stabile per tutto l’anno. Negli Stati Uniti, la maggior parte dell’Arizona, ad eccezione della Nazione Navajo, e le Hawaii non osservano l’ora legale, rimanendo stabilmente sull’ora standard per tutti i dodici mesi. Anche territori come Porto Rico, Guam, le Samoa Americane, le Isole Vergini Americane e le Isole Marianne Settentrionali hanno scelto di non applicare il doppio cambio annuale. In Europa, la Russia ha abbandonato definitivamente l’ora legale nel 2014, optando per l’ora solare permanente dopo aver sperimentato per alcuni anni l’orario estivo stabile, decisione seguita dalla Bielorussia che dal 2011 mantiene l’ora solare tutto l’anno. La Turchia ha invece compiuto la scelta opposta, abolendo il cambio dell’ora nel settembre 2016 e adottando permanentemente l’ora legale con il fuso orario UTC+3. L’Islanda, dal canto suo, utilizza l’ora legale tutto l’anno dal 1968, mentre Ucraina, Georgia, Armenia e Azerbaigian hanno sospeso il cambio stagionale rispettivamente negli anni recenti o nel corso dell’ultimo decennio.
Il presidente Donald Trump ha annunciato a più riprese l’intenzione del Partito Repubblicano di eliminare definitivamente l’ora legale negli Stati Uniti, definendola «scomoda e molto costosa per la nazione». Diversi Stati americani hanno già presentato proposte di legge per modificare o abolire il sistema del doppio orario, con la Florida che nel 2023 ha approvato a grande maggioranza una legge per il passaggio all’ora legale permanente, in attesa di un’iniziativa del Congresso federale che emenderebbe l’Uniform Time Act, la legge federale che attualmente disciplina la materia. California, Stati del New England come New Hampshire, Maine, Rhode Island, Massachusetts e Connecticut hanno anch’essi avviato iter legislativi simili, con l’obiettivo di eliminare definitivamente il doppio cambio annuale.
L’indagine conoscitiva che prenderà avvio lunedì 17 novembre alla Camera dei deputati dovrà valutare in modo sistemico e approfondito tutti gli aspetti legati all’eventuale adozione dell’ora legale permanente in Italia. L’analisi parlamentare si concentrerà sui consumi energetici, sull’impatto ambientale, sulla salute pubblica, sulla sicurezza stradale, sulle abitudini sociali, sugli effetti economici sui settori del commercio, della ristorazione e del turismo, nonché sulla necessità di coordinamento con gli altri Paesi europei per evitare disallineamenti nei trasporti, negli scambi commerciali e nei movimenti transfrontalieri. Il percorso non sarà breve né privo di ostacoli, considerando che la mancanza di uniformità tra i Paesi membri dell’Unione Europea rappresenta il principale freno all’adozione di una soluzione comune. Alcuni Stati, tra cui Italia, Francia e Spagna, preferirebbero mantenere l’ora legale permanente per avere più luce naturale la sera e ridurre i consumi energetici, mentre altri, come Finlandia e Polonia, spingono per l’ora solare tutto l’anno, ritenendola più coerente con i ritmi biologici e con la posizione geografica dei loro territori.
La sfida principale consiste nel trasformare un dibattito ciclico, che si riaccende puntualmente a ogni cambio stagionale dell’ora, in una decisione legislativa definitiva, capace di tenere insieme esigenze energetiche, abitudini sociali consolidate, evidenze scientifiche sulla salute e coerenza con il quadro normativo europeo. L’appuntamento di lunedì 17 novembre alla Camera rappresenta dunque un passaggio cruciale per portare il tema dall’ambito della petizione popolare a quello dell’iter parlamentare ufficiale, aprendo concretamente la strada a una possibile riforma che potrebbe entrare in vigore già nel corso del 2026, modificando in modo permanente le abitudini cronologiche degli italiani e ponendo fine a un’alternanza stagionale che, pur introdotta originariamente per ragioni di risparmio energetico, viene oggi percepita da una parte crescente della popolazione e della comunità scientifica come un retaggio del passato, superato dall’evoluzione delle tecnologie, dei consumi e delle conoscenze mediche sui ritmi biologici umani. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
