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La “Maledizione” dei Kennedy, quando la tragedia diventa mito

La diagnosi terminale di Tatiana Schlossberg riaccende il dibattito sulla maledizione dei Kennedy, una narrazione costruita su ottant’anni di tragedie.
Credit © Britannica

Il 24 novembre 2025, esattamente 62 anni dopo l’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy a Dallas, sua nipote Tatiana Schlossberg ha scelto proprio quella data simbolica per rivelare al mondo una notizia devastante. In un saggio pubblicato sul New Yorker, la 35enne giornalista ambientale ha annunciato di essere affetta da leucemia mieloide acuta in fase terminale, con una prognosi di meno di 1 anno di vita. La scelta della data non è casuale, ma rappresenta l’ennesimo capitolo di quella narrazione che da decenni accompagna la dinastia Kennedy: la cosiddetta maledizione che sembra perseguitare una delle famiglie più potenti e tragiche d’America.

Tatiana Schlossberg, figlia dell’ex ambasciatrice Caroline Kennedy e nipote di JFK, ha scoperto la malattia nel maggio 2024, immediatamente dopo aver dato alla luce la sua seconda figlia. Durante gli esami di routine post-parto, i medici hanno riscontrato un’anomalia nel conteggio dei globuli bianchi. La diagnosi ha rivelato una mutazione genetica rara, nota come Inversione 3, presente in meno del 2 percento dei casi di leucemia mieloide acuta. Nonostante trapianto di midollo osseo, chemioterapia intensiva e partecipazione a numerosi trial clinici, la malattia continua a manifestarsi con recidive implacabili. Nel suo ultimo incontro con l’oncologo, Schlossberg ha ricevuto la sentenza più crudele: il medico le ha comunicato che potrebbe mantenerla in vita per 1 anno, al massimo.

Nel suo saggio, la giornalista affronta con lucidità straziante non solo la propria battaglia contro la malattia, ma anche il peso di aggiungere un’altra tragedia alla storia familiare. Ha scritto che per tutta la vita ha cercato di essere una brava studentessa, una brava sorella, una brava figlia, di proteggere sua madre Caroline e di non renderla mai triste o arrabbiata. Ora invece ha aggiunto una nuova tragedia alla vita della madre, alla vita della famiglia, e non c’è nulla che possa fare per fermarla. Queste parole risuonano come un’eco della consapevolezza che persino i membri più giovani della famiglia Kennedy portano il fardello di una storia costellata di morte prematura e sofferenza.

La maledizione dei Kennedy non è semplicemente una leggenda metropolitana alimentata dai tabloid, ma una narrazione costruita su una sequenza impressionante di tragedie che hanno colpito la dinastia nel corso di oltre 80 anni. Tutto ha inizio durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Joseph Patrick Kennedy Junior, il primogenito destinato a diventare il primo presidente cattolico degli Stati Uniti, muore a 29 anni nell’esplosione del bombardiere che stava pilotando su una missione pericolosa nel cielo della Manica. 4 anni dopo, nel 1948, anche sua sorella Kathleen, soprannominata Kick, perde la vita in un incidente aereo in Francia a soli 28 anni.

Ma è con gli anni Sessanta che la maledizione assume contorni shakespeariani. Il 23 novembre 1963, il presidente Kennedy viene assassinato a Dallas mentre percorre in limousine le strade della città texana. Lee Harvey Oswald viene arrestato per l’omicidio, ma 2 giorni dopo viene a sua volta ucciso da Jack Ruby davanti alle telecamere, trasformando l’evento in uno dei momenti più traumatici della storia americana moderna. 5 anni più tardi, il 5 giugno 1968, anche Robert Francis Kennedy cade sotto i colpi di un assassino. Sirhan Sirhan gli spara all’Ambassador Hotel di Los Angeles, pochi minuti dopo la vittoria alle primarie democratiche della California. Bobby Kennedy muore il giorno seguente, lasciando 11 figli orfani.

Tra questi eventi monumentali si inseriscono tragedie meno note ma ugualmente dolorose. Nell’agosto 1963, pochi mesi prima dell’assassinio di JFK, il piccolo Patrick Bouvier Kennedy muore a soli 2 giorni di vita per una sindrome da distress respiratorio. La morte del neonato getta un’ombra sulla famiglia, preludio della tragedia che si abbatterà di lì a poco. Ma forse nessuna vicenda incarna meglio la dimensione gotica della storia dei Kennedy quanto quella di Rosemary, la sorella maggiore del presidente. Nel 1941, a 23 anni, su decisione del padre Joseph senza consultare la moglie Rose, Rosemary viene sottoposta a una lobotomia prefrontale per controllare i suoi sbalzi d’umore e il suo comportamento considerato inappropriato. L’operazione si rivela un disastro catastrofico: Rosemary perde la capacità di camminare e parlare in modo intelligibile, rimanendo istituzionalizzata per il resto della sua vita fino alla morte nel 2005.

La terza generazione dei Kennedy non è stata risparmiata dalla scia di sventure. Il 18 luglio 1969 si verifica l’incidente di Chappaquiddick, che segna indelebilmente la carriera politica di Ted Kennedy, l’ultimo dei fratelli sopravvissuti. Quella notte, l’auto guidata dal senatore esce di strada precipitando da un ponte nell’isola di Chappaquiddick. Ted riesce a salvarsi, ma la sua passeggera, la 28enne Mary Jo Kopechne, rimane intrappolata nel veicolo sommerso e annega. Kennedy attende 10 ore prima di denunciare l’incidente alle autorità, scatenando accuse di insabbiamento. 1 settimana dopo, in una dichiarazione televisiva, Ted si chiede pubblicamente se davvero qualche terribile maledizione incomba su tutti i Kennedy. Questa frase diventa emblematica, cristallizzando nell’immaginario collettivo l’idea di una famiglia segnata dal destino.

Gli anni Ottanta e Novanta portano ulteriori lutti. David Anthony Kennedy, figlio di Robert ed Ethel, muore nel 1984 a 28 anni per overdose in una stanza d’albergo a Palm Beach. La miscela letale di cocaina, Demerol e Mellaril pone fine alla vita di un giovane che non si era mai ripreso dal trauma di aver assistito all’assassinio del padre quando aveva appena 12 anni. Michael LeMoyne Kennedy, un altro figlio di Robert, perde la vita il 31 dicembre 1997 in un incidente sciistico ad Aspen, in Colorado. Stava giocando a football sugli sci, una tradizione di famiglia per il capodanno, quando si schianta contro un albero riportando traumi cranici e cervicali fatali.

Il 16 luglio 1999 si consuma forse la tragedia più simbolica della maledizione: John Fitzgerald Kennedy Junior, il bambino che aveva commosso l’America salutando militarmente la bara del padre a soli 3 anni, muore pilotando il suo aereo privato che precipita nell’Atlantico al largo di Martha’s Vineyard. Con lui perdono la vita la moglie Carolyn Bessette Kennedy e la cognata Lauren Bessette. L’indagine del National Transportation Safety Board attribuisce l’incidente a errore del pilota causato da disorientamento spaziale durante la discesa notturna sull’acqua in condizioni di foschia e oscurità. Kennedy non possedeva l’abilitazione per il volo strumentale ed era certificato solo per il volo a vista. La sua morte chiude il 20º secolo con l’ennesimo colpo devastante per la dinastia.

Il 21º secolo non ha risparmiato i Kennedy dal dolore. Nel maggio 2020, Maeve Kennedy Townsend McKean, nipote di Robert Kennedy, e suo figlio Gideon di 8 anni scompaiono nelle acque della Baia di Chesapeake. Stavano tentando di recuperare una palla finita in acqua durante una partita di calcio quando la loro canoa viene trascinata al largo da vento e correnti. Entrambi annegano, i loro corpi vengono recuperati giorni dopo a circa 4 chilometri dalla riva. L’anno precedente, nell’agosto 2009, Saoirse Kennedy Hill, 22enne nipote di Robert Kennedy, viene trovata priva di sensi nella tenuta di famiglia a Hyannis Port. Viene trasportata d’urgenza all’ospedale ma viene dichiarata morta. Il referto tossicologico rivela una morte accidentale per overdose da metadone, etanolo e altri farmaci da prescrizione. Saoirse aveva scritto apertamente delle sue battaglie contro la depressione in un saggio per il giornale studentesco della sua scuola.

Questa concatenazione di eventi ha alimentato nel tempo una narrazione che trascende la cronaca per entrare nel regno del mito. La questione se esista davvero una maledizione dei Kennedy divide studiosi, teologi e psicologi. I sacerdoti cattolici sono unanimi nel respingere l’idea di una famiglia maledetta come superstizione contraria alla fede cristiana, sottolineando che sarebbe blasfemo pensare che Dio invii sciagure a una specifica dinastia. Gli statistici fanno notare che la famiglia Kennedy è molto numerosa e che molti suoi membri hanno vissuto vite lunghe e prive di tragedie particolari. Inoltre, diversi Kennedy hanno intrapreso carriere ad alto rischio in politica, nell’aviazione, nello sport estremo, aumentando oggettivamente le probabilità di incidenti.

Tuttavia, la narrazione della maledizione persiste nell’immaginario collettivo perché risponde a bisogni psicologici e culturali profondi. Come hanno notato diversi studiosi, la storia dei Kennedy richiama inevitabilmente la tragedia greca, con i suoi temi di destino ineluttabile, peccati dei padri che ricadono sui figli, e la caduta degli eroi dal pinnacolo del potere. Robert Kennedy stesso, la notte in cui apprese dell’assassinio di Martin Luther King Junior, citò Eschilo davanti alla folla: anche nel sonno, il dolore che non può dimenticare cade goccia a goccia sul cuore, finché nella nostra disperazione, contro la nostra volontà, arriva la saggezza attraverso l’orribile grazia di Dio. Quelle stesse parole vennero poi incise sulla sua lapide dopo il suo assassinio tre mesi dopo.

Il parallelo con il teatro shakespeariano è altrettanto appropriato. Come nelle tragedie di Amleto o Macbeth, la storia dei Kennedy presenta tutti gli elementi del dramma elisabettiano: un’aristocrazia tormentata da segreti oscuri, morti violente e premature, l’ombra di colpe ancestrali che perseguitano le generazioni successive, l’ascesa vertiginosa seguita dalla caduta catastrofica. Alcuni commentatori hanno persino realizzato adattamenti teatrali che raccontano l’assassinio di JFK utilizzando il linguaggio e la struttura delle tragedie shakespeariane, sottolineando come il Bardo sembrasse aver previsto, quattrocento anni prima, le dinamiche di potere, tradimento e destino che avrebbero caratterizzato la saga Kennedy.

La diagnosi terminale di Tatiana Schlossberg riaccende dunque tutti questi interrogativi. La giovane giornalista, autrice del libro sulla crisi climatica e madre di due bambini piccoli, diventa l’ultima protagonista di una narrazione che sembra non avere fine. Nel suo saggio commovente, Schlossberg non si limita a descrivere la propria malattia, ma critica aspramente il cugino Robert Francis Kennedy Junior, ora segretario alla Salute nell’amministrazione Trump, per le sue posizioni no-vax e anti-scientifiche. Scrive di temere per i finanziamenti alla ricerca sulla leucemia e sui trapianti di midollo osseo, per i trial clinici che rappresentano la sua unica speranza di remissione. Questa presa di posizione politica, anche di fronte alla morte imminente, dimostra che i Kennedy non hanno perso quello spirito combattivo che li ha sempre caratterizzati.

Forse la vera maledizione dei Kennedy non risiede in qualche sortilegio soprannaturale, ma nella complessità della condizione umana amplificata dalla ricchezza, dal potere e dall’esposizione mediatica costante. Come ha osservato Eunice Kennedy Shriver, sorella del presidente, ciò che è davvero maledetto non è tanto quello che è successo alla famiglia, quanto il fatto che non abbiano mai potuto affrontarlo privatamente. La mancanza di dignità nel vivere la propria vita in modo così pubblico è il vero fardello che i Kennedy portano da generazioni. Se esiste una maledizione, è certamente questa.

La storia dei Kennedy continua a esercitare un fascino magnetico sulla cultura americana e mondiale perché incarna una verità universale: nemmeno il potere, la ricchezza e il privilegio possono proteggere dalla sofferenza, dalla malattia e dalla morte. In un’epoca che venera il successo e il dominio, la dinastia Kennedy rappresenta un memento mori collettivo, un promemoria che il destino umano è fragile indipendentemente dal cognome che si porta. Ogni nuova tragedia che colpisce la famiglia riattiva questa consapevolezza primordiale, mescolando compassione genuina con un oscuro conforto: se può succedere ai Kennedy, può succedere a chiunque.

Tatiana Schlossberg affronta la morte con la stessa grazia e determinazione che hanno caratterizzato i momenti migliori della sua famiglia. Continua a scrivere, a prendersi cura dei suoi bambini, a battersi per le cause in cui crede. La sua storia non è solo l’ennesimo capitolo della maledizione dei Kennedy, ma anche una testimonianza di resilienza umana di fronte all’ineluttabile. Come i personaggi delle tragedie greche e shakespeariane che tanto sembrano anticipare il destino dei Kennedy, Tatiana affronta il suo fato con cognizione e coraggio, trasformando la propria sofferenza in narrazione, la propria paura in azione politica, il proprio dolore in eredità per chi verrà dopo. E forse, alla fine, è proprio questo il significato più profondo della cosiddetta maledizione: non un sortilegio esterno, ma la capacità tutta umana di trasformare il trauma in mito, la perdita in memoria, la tragedia in lezione per le generazioni future. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!