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Prometheus, il nucleare “leggero” made in Italy pronto a produrre energia da acqua e sale

La startup italiana Prometheus sviluppa un reattore basato su reazioni LENR che promette di produrre energia pulita da acqua e sale, ottenendo la certificazione di efficienza energetica dal gruppo austriaco AVL.
Credit © Fondazione Leonardo

Prometheus è un progetto italiano che negli ultimi mesi ha attirato l’attenzione del mondo scientifico e industriale perché promette qualcosa che sembra uscito da un film di fantascienza: produrre energia pulita a costi bassissimi, senza usare uranio, senza creare scorie e senza i rischi tipici delle centrali nucleari tradizionali. Si tratta di quello che viene definito in modo divulgativo “nucleare leggero”, ovvero un sistema che sfrutterebbe reazioni a bassa energia per generare calore o idrogeno partendo da materiali comuni come acqua e sale.

L’idea nasce nei laboratori del Kilometro Rosso, il grande centro di innovazione situato a Bergamo che rappresenta uno dei principali hub europei per la ricerca e lo sviluppo tecnologico. Qui, a partire dal 2018, un gruppo di ricercatori ha lavorato allo sviluppo di un dispositivo chiamato UM, una sorta di piccolo reattore grande più o meno quanto un apparecchio domestico, che funziona grazie a impulsi elettrici capaci di attivare una reazione all’interno di una camera contenente un liquido salino. Il reattore è stato battezzato così in memoria di Umberto Minopoli, figura di riferimento nel dibattito italiano sul nucleare e descritto dai fondatori come una guida importante per il progetto.

La promessa del team di Prometheus è affascinante nella sua apparente semplicità: immettendo una piccola quantità di energia elettrica, la macchina restituirebbe energia in eccesso sotto forma di calore, pressione meccanica e idrogeno. Il tutto, secondo quanto dichiarato dall’azienda, avverrebbe senza radiazioni nocive, senza combustibili nucleari tradizionali e senza emissioni inquinanti. La tecnologia utilizza le cosiddette LENR, acronimo di Low Energy Nuclear Reactions, ovvero reazioni nucleari a bassa energia che stimolano la materia al fine di estrarre energia senza produrre scorie radioattive e senza necessità di altissime temperature.

Il progetto ha mosso i primi passi grazie a un gruppo di investitori privati italiani e stranieri, capitanati dal fondatore di Brembo, Alberto Bombassei, che detiene una significativa quota di minoranza della società. Tra i fondatori figurano Fabrizio Petrucci, avvocato d’affari e socio di maggioranza, Carlo Miglietta, responsabile scientifico e amministratore delegato, e Dario Calzavara, imprenditore con esperienze in Ferrari e Pirelli. Nel capitale sono presenti anche il family office della famiglia Borromei, l’uomo d’affari danese Henrik Aasted Christiansen e il tedesco Lars Hoffmann, oltre a un folto gruppo di investitori internazionali.

Il progetto, nato in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha recentemente compiuto un passo significativo verso la fase industriale ottenendo la prima certificazione di efficienza energetica da parte di AVL, gruppo austriaco leader mondiale nei test e nelle simulazioni per il settore automotive e aerospaziale. Secondo questa certificazione, a fronte di un euro di energia immessa nel reattore, si ottiene una resa replicabile pari a circa un euro e mezzo considerando solo il calore prodotto, con un coefficiente di prestazione di 1,48. L’efficienza complessiva risulterebbe ancora maggiore includendo il lavoro meccanico e l’idrogeno generati durante il processo.

Il funzionamento del reattore viene descritto da Salvatore Majorana, direttore di Kilometro Rosso e pronipote del celebre fisico Ettore Majorana, con una metafora efficace: un fulmine viene scatenato sulla superficie dell’acqua. Il sistema elettronico, oggetto di domanda di brevetto, genera un impulso elettrico che in maniera molto rapida ma con alta intensità introduce energia sufficiente nella camera di reazione a creare un plasma. Questa generazione di plasma comporterebbe la separazione dell’idrogeno dall’ossigeno all’interno della molecola d’acqua. L’ossigeno reagisce con i materiali della camera lasciando residui sul fondo, mentre l’idrogeno viene liberato in altissima concentrazione con un’efficienza energetica definita straordinaria.

La tecnologia può essere alimentata dalla corrente di linea a 220 volt oppure, come dimostrato in laboratorio, da una semplice batteria automobilistica da 48 volt. L’impulso trasferisce molta potenza in un tempo talmente breve da non richiedere grandi generatori di energia in ingresso. Prometheus dichiara attualmente di trovarsi al livello TRL4 nella scala di valutazione della maturità tecnologica, avendo completato la fase di sviluppo interno. Il reattore, ora all’esame nella versione 3.0, viene testato per confermare la scalabilità della tecnologia proposta e le performance per applicazioni industriali.

Le potenziali applicazioni del sistema Prometheus sono molteplici e abbracciano settori molto diversi. Si parla di abitazioni riscaldate con costi minimi grazie a generatori domestici di calore, industrie capaci di produrre idrogeno direttamente in loco superando i problemi di stoccaggio e trasporto di questo gas altamente permeabile, fino alla realizzazione di nuovi propulsori per grandi imbarcazioni. La società ha già avviato contatti avanzati con gruppi industriali italiani e internazionali, dalla Norvegia a Milano, includendo manifatturieri di caldaie, utilities per la fornitura di servizi al settore civile e armatori interessati alle applicazioni navali.

Il contesto scientifico in cui si inserisce Prometheus è tuttavia complesso e storicamente controverso. Le LENR sono infatti legate alla vicenda della cosiddetta fusione fredda, annunciata nel marzo 1989 dai chimici Martin Fleischmann e Stanley Pons dell’Università dello Utah, che dichiararono di aver ottenuto una reazione nucleare a basse temperature in una cella elettrolitica con palladio e acqua pesante. Quell’annuncio scatenò inizialmente un enorme entusiasmo, rapidamente tramutato in scetticismo diffuso quando i tentativi di replica dell’esperimento in prestigiosi istituti di ricerca come CalTech, MIT e Yale fallirono nel riprodurre i risultati dichiarati.

Da allora la comunità scientifica internazionale ha mantenuto un atteggiamento prevalentemente critico verso questi fenomeni, considerati da molti fisici incompatibili con le teorie nucleari consolidate secondo cui la fusione di nuclei con carica positiva richiede temperature dell’ordine di milioni di gradi per superare la repulsione elettrostatica. Tuttavia, la ricerca nel settore non si è mai completamente arrestata. Nel 2019 Google ha finanziato con circa dieci milioni di dollari un consorzio di università includendo MIT, University of British Columbia e Lawrence Berkeley Lab per verificare alcune ipotesi sulle LENR, senza trovare prove di fusione fredda classica ma segnalando anomalie termiche da approfondire.

Nel 2023 l’agenzia statunitense ARPA-E ha lanciato un bando da dieci milioni di dollari per studiare le LENR con diagnosi rigorose, finanziando otto progetti di ricerca e dimostrazione. Anche l’Unione Europea ha investito nel settore attraverso il progetto CleanHME (Clean Power from Hydrogen-Metal Systems), finanziato con 5,5 milioni di euro per il quadriennio 2020-2025 nell’ambito di Horizon 2020, con l’obiettivo di sviluppare una nuova fonte di energia pulita basata su sistemi idrogeno-metallo. A questo progetto partecipano anche istituzioni italiane come il Politecnico di Torino, l’INFN di Frascati e l’Università di Siena.

In Giappone, l’Università di Tohoku studia il fenomeno da oltre dieci anni, raggiungendo risultati che i ricercatori definiscono promettenti: esperimenti ripetuti meticolosamente per oltre duecento volte avrebbero dimostrato una notevole coerenza con ripetibilità quasi del cento per cento nella produzione di calore in eccesso rispetto all’apporto energetico. Come ha sottolineato anche la Defense Intelligence Agency americana, se le LENR dovessero funzionare rappresenterebbero una tecnologia dirompente in grado di rivoluzionare la produzione e conservazione di energia.

Prometheus si inserisce in questo scenario con un approccio dichiaratamente pragmatico e industriale, distinguendosi da chi ha condotto esperimenti in ambito puramente scientifico senza considerare il percorso verso il mercato. Il team ha lavorato per rendere la reazione ripetibile e scalabile, scegliendo componenti facili da realizzare e un’impostazione tale da non emettere radiazioni nocive. Entro la primavera del 2026, secondo quanto annunciato da Petrucci, la società sarà pronta alla stipula dei primi accordi di joint venture con partner industriali attraverso accordi di licenza per la commercializzazione. L’obiettivo dichiarato è l’ingresso sul mercato dei capitali con un collocamento in Borsa da realizzare nei prossimi 24-36 mesi.

La storia di Prometheus richiama le parole pronunciate da Mario Draghi proprio al Kilometro Rosso nel settembre 2024, quando l’ex presidente della BCE ha presentato le conclusioni del suo rapporto sulla competitività europea: il problema dell’Europa non è la mancanza di idee o di ambizione, ma la difficoltà nel trasformare l’innovazione in prodotti e servizi commercializzabili. Consapevole della delicatezza comunicativa legata al tema nucleare, la startup ha deciso di presentarsi al pubblico attraverso campagne nelle piazze di Milano e Roma, cercando di distinguere chiaramente la propria tecnologia dal nucleare tradizionale.

La verità scientifica su Prometheus resta tuttavia sospesa tra promesse rivoluzionarie e cautela metodologica. L’azienda sostiene di aver accumulato migliaia di ore di prove in laboratorio, ma queste informazioni non sono ancora state divulgate in modo dettagliato e verificabile dalla comunità scientifica indipendente. È quindi naturale che molti esperti restino in attesa di dati concreti e pubblicazioni peer-reviewed prima di esprimere giudizi definitivi. Come ha ammesso lo stesso Majorana, i ricercatori sono oggi in grado di generare la reazione e raccogliere idrogeno utilizzabile per produrre energia green, ma non sono ancora capaci di spiegare completamente il perché del fenomeno dal punto di vista teorico.

Il progetto rappresenta in ogni caso un tentativo italiano di posizionarsi all’avanguardia in un settore che, qualora le premesse fossero confermate, potrebbe effettivamente cambiare il paradigma della produzione energetica mondiale. Una macchina che produce energia pulita potenzialmente senza limiti a costi sostenibili, senza dipendenza da materie prime estere e senza le complessità del nucleare tradizionale, rappresenterebbe una conquista storica per l’umanità. Rimane da stabilire se Prometheus costituisca davvero l’alba di una nuova era energetica o se, come altre promesse nel campo delle LENR, necessiti ancora di molta strada prima di tradursi in una realtà industriale consolidata e scientificamente validata. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!