Nella mattinata di ieri, lunedì 21 aprile, Papa Francesco è deceduto all’età di 88 anni presso Santa Marta in Vaticano. Con l’avvio della sede vacante, si apre la fase che porterà all’elezione del nuovo Pontefice. Il conclave, che si riunirà tra il 5 e il 10 maggio, vedrà la partecipazione di 135 cardinali elettori. Un elemento che caratterizza questa nuova fase è la mancata rappresentanza di alcune storiche sedi arcivescovili come Milano, Parigi e New York, conseguenza diretta delle scelte operate da Bergoglio durante il suo pontificato.
La riforma del collegio cardinalizio: le diocesi escluse
Papa Francesco ha presieduto dieci concistori durante il suo pontificato, superando Giovanni Paolo II che ne aveva convocati nove in quasi 27 anni. Con queste nomine, ha ridefinito profondamente il profilo del collegio cardinalizio, plasmandolo secondo i principi della sinodalità, dell’apertura verso le periferie geografiche ed esistenziali, e della riforma ecclesiastica. Oggi, gli elettori nominati da Bergoglio rappresentano oltre il 70% del totale del collegio che sceglierà il nuovo pontefice.
Una delle caratteristiche più evidenti di questa trasformazione è la mancata assegnazione della porpora cardinalizia a diocesi storicamente rilevanti. Il caso più emblematico è quello di Milano, dove l’arcivescovo Mario Delpini non è stato creato cardinale, interrompendo una tradizione secolare. L’Arcidiocesi ambrosiana, che nel XX secolo ha dato alla Chiesa due papi (Achille Ratti eletto come Pio XI nel 1922, e Giovanni Battista Montini eletto come Paolo VI nel 1963), è stata esclusa dalla rappresentanza cardinalizia, nonostante il suo storico peso nella Chiesa universale.
Non solo Milano, ma anche altre importanti cattedre come Parigi, New York, Venezia, Napoli, Palermo, Berlino e Lima non sono state “benedette dalla porpora”. Questa scelta riflette la volontà di Francesco di diminuire il peso delle tradizionali potenze cattoliche per dare maggiore rappresentanza alle “periferie” del mondo. Oggi il collegio cardinalizio è meno europeo rispetto all’inizio del pontificato: i cardinali europei sono scesi a meno del 45% degli elettori, a fronte del 52% nel 2013, mentre Africa e Asia hanno visto crescere la loro presenza.
Mentre Milano è stata esclusa, altre sedi italiane considerate meno centrali hanno ricevuto la porpora, come Como con il vescovo Oscar Cantoni, o più recentemente Torino con l’arcivescovo Roberto Repole, noto per il suo impegno nella ristrutturazione pastorale delle sue diocesi e per la sua partecipazione attiva al Sinodo dei vescovi sulla sinodalità.
I cardinali elettori nel prossimo conclave
Il collegio dei cardinali elettori, composto oggi da 135 membri, si riunirà in conclave per eleggere il successore di Francesco. Per risultare eletto, un candidato dovrà ottenere almeno 90 voti, pari ai due terzi dei votanti. Questo corpus elettorale è stato profondamente rinnovato durante il pontificato di Bergoglio, che ha creato complessivamente 163 cardinali, di cui 133 elettori al momento della nomina.
La distribuzione geografica dei 135 cardinali elettori mostra un significativo cambiamento rispetto al passato:
– 59 provengono dall’Europa (di cui 19 dall’Italia) – 37 dalle Americhe (16 dall’America del Nord, 4 dall’America Centrale e 17 dall’America del Sud) – 20 dall’Asia – 16 dall’Africa – 3 dall’Oceania
Per quanto riguarda la nomina, dei 135 cardinali elettori:
– 108 sono stati creati da Papa Francesco – 22 sono stati creati da Papa Benedetto XVI – 5 sono stati creati da San Giovanni Paolo II
Tra i cardinali italiani con diritto di voto che parteciperanno al conclave figurano Pietro Parolin (Segretario di Stato), Matteo Zuppi (presidente della CEI e arcivescovo di Bologna), Pierbattista Pizzaballa (Patriarca di Gerusalemme), Giuseppe Betori (arcivescovo emerito di Firenze) e Augusto Paolo Lojudice (arcivescovo di Siena).
Tra i nomi che circolano come possibili “papabili” si trovano, oltre agli italiani già citati, anche figure come il cardinale ungherese Peter Erdő, il francese Jean-Marc Aveline, l’olandese Willem J. Eijk, il filippino Luis Tagle, il congolese Fridolin Ambongo Besungu, il brasiliano Leonardo Ulrich Steiner e il guineano Robert Sarah.
I cardinali non elettori
Attualmente esistono 117 cardinali che non potranno partecipare all’elezione del nuovo pontefice. La ragione principale della loro esclusione è l’età: secondo le norme stabilite da Paolo VI nella costituzione apostolica Ingravescentem Aetatem del 1970, i cardinali che hanno compiuto 80 anni al momento dell’inizio della sede vacante perdono il diritto di voto in conclave.
Gli ultraottantenni possono partecipare alle congregazioni generali che precedono il conclave e alla Missa Pro Eligendo Romano Pontifice, ma non possono entrare nella Cappella Sistina per le votazioni.
Tra i cardinali italiani non elettori si segnalano figure di spicco come il fiorentino Gualtiero Bassetti (ex presidente della CEI), Lorenzo Baldisseri (nato a Barga) e Angelo Comastri (nato a Sorano, arciprete emerito della basilica di San Pietro).
Un caso particolare è rappresentato dal cardinale spagnolo Carlos Osoro Sierra, che compirà 80 anni il prossimo 16 maggio: poiché la sede vacante è iniziata il 21 aprile, prima del suo compleanno, dovrebbe poter partecipare al conclave come elettore.
Il significato delle scelte di Papa Francesco
La trasformazione operata da Bergoglio nella composizione del collegio cardinalizio riflette la sua visione ecclesiologica, orientata verso una Chiesa meno eurocentrica, più attenta alle periferie esistenziali e geografiche. Questa riforma ha di fatto modificato radicalmente la geografia del conclave, creando un collegio in cui la maggioranza degli elettori condivide la linea pastorale e teologica del pontefice argentino.
Se per alcune diocesi storiche come Milano questa esclusione è stata percepita come un “declassamento”, per Francesco l’obiettivo sembrava essere piuttosto quello di valorizzare la diversità della Chiesa universale e dare voce a realtà ecclesiali precedentemente marginali.
Secondo il costituzionalista Francesco Clementi, Papa Francesco ha “trasformato radicalmente la geografia del Conclave” superando anche il tetto dei 120 cardinali elettori stabilito da Paolo VI. “È la prova che non si può più tornare indietro: servono 90 voti per eleggere un papa, ed è molto difficile farlo contro la linea politica di Bergoglio”.
L’esclusione di sedi tradizionali come Milano, Parigi e New York rappresenta dunque una scelta deliberata che ha modificato gli equilibri storici del collegio cardinalizio, privilegiando una visione di Chiesa che guarda oltre i tradizionali centri di potere ecclesiastico. Una scelta che, inevitabilmente, influenzerà anche il profilo del prossimo pontefice.