Una nuova variante del SARS-CoV-2 sta rapidamente guadagnando terreno a livello globale, destando l’attenzione della comunità scientifica internazionale e spingendo l’Agenzia europea per i medicinali a raccomandare un aggiornamento dei vaccini anti-Covid per la prossima stagione. Si tratta della variante LP.8.1, una sottovariante della famiglia Omicron che, dopo essere stata identificata per la prima volta nel luglio 2024, ha iniziato una rapida ascesa diventando dominante in diversi Paesi, compresi Stati Uniti e Regno Unito.
Secondo i dati più recenti forniti dai Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, questa variante è attualmente responsabile del 70 percento dei casi di COVID-19 nel Paese, consolidando la sua posizione di ceppo dominante acquisita nei mesi scorsi. Nel Regno Unito, la percentuale si attesta intorno al 60% delle infezioni totali, mentre in Asia, particolarmente a Singapore e Hong Kong, i contagi dovuti a LP.8.1 sono aumentati in modo significativo nelle ultime settimane. La diffusione non si è limitata ai continenti extraeuropei: anche in Europa e in Italia la variante sta iniziando a farsi strada, spingendo gli esperti a monitorare attentamente l’evoluzione epidemiologica.
La variante LP.8.1 appartiene al lignaggio JN.1, discendendo specificamente da KP.1.1.3, che a sua volta si era formata dalla variante JN.1 responsabile di importanti ondate in tutto il mondo tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Questa genealogia virale colloca LP.8.1 all’interno della grande famiglia Omicron, caratterizzata dalla produzione di numerose sottovarianti altamente contagiose ma generalmente associate a sintomi meno gravi rispetto ai ceppi originali del coronavirus. Il primo campione documentato di LP.8.1 risale al 1° luglio 2024, ma è tra marzo e aprile 2025 che ha registrato una diffusione particolarmente rapida, riuscendo a superare altre varianti come XEC, che all’epoca rappresentava ancora il 50% delle sequenze in Europa.
La capacità di LP.8.1 di imporsi nel panorama virale globale è attribuibile alle sue nove mutazioni aggiuntive nella proteina Spike rispetto alla variante madre JN.1. Queste modificazioni genetiche, identificate come S:S31-, S:F186L, S:R190S, S:R346T, S:V445R, S:F456L, S:Q493E, S:K1086R e S:V1104L, sono tutte localizzate sulla proteina S o Spike, il cosiddetto grimaldello biologico che permette al virus di agganciarsi al recettore ACE2 sulle cellule umane e innescare l’infezione. Secondo gli studi condotti da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati giapponesi dell’Università di Tokyo, queste mutazioni conferiscono a LP.8.1 un numero di riproduzione effettiva relativa superiore a quello di XEC, con un valore di 1,067 che indica una crescita epidemica in atto.
Nonostante la maggiore capacità di diffusione, le indagini virologiche mostrano dati relativamente rassicuranti per quanto riguarda la severità dell’infezione. Gli studi hanno determinato che l’infettività di LP.8.1 è sensibilmente inferiore rispetto alla variante madre JN.1, registrando una diminuzione del 67 percento, principalmente a causa delle mutazioni His445Arg e Phe456Leu. Tuttavia, è stata osservata una maggiore capacità di evasione immunitaria rispetto a JN.1, pur rimanendo simile a quella di XEC, il che significa una maggiore abilità nel eludere gli anticorpi neutralizzanti prodotti dai vaccini e dalle precedenti infezioni, senza tuttavia esacerbare il rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19.
I sintomi associati alla variante LP.8.1 non differiscono sostanzialmente da quelli delle precedenti ondate, mantenendo le caratteristiche tipiche della famiglia Omicron. I pazienti colpiti da questa variante presentano principalmente febbre elevata, mal di gola, affaticamento, dolori muscolari, cefalea, alterazioni di gusto e olfatto, e congestione nasale. In alcuni casi si registrano anche diarrea e perdita dell’appetito, ma nel complesso il quadro clinico rimane simile a quello influenzale. L’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il rischio aggiuntivo per la salute pubblica come “basso” a livello globale, anche se nei soggetti fragili o immunocompromessi non si esclude la possibilità di sviluppare complicanze più gravi, come polmoniti o insufficienze respiratorie.
La crescente diffusione di LP.8.1 è favorita da diversi fattori convergenti, come ha spiegato l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. Tra i principali elementi che contribuiscono alla ripresa dei contagi vi sono il calo dell’immunità dovuto alla distanza temporale dalle ultime campagne vaccinali e la minore circolazione del virus registrata negli ultimi mesi. “Sono passati anni dall’ultima vaccinazione e questo ha lasciato spazio a nuove infezioni”, ha dichiarato Bassetti, sottolineando come le preoccupazioni maggiori riguardino i Paesi con un basso tasso di vaccinazione, dove il rischio di diffusione risulta significativamente amplificato.
Di fronte a questa evoluzione epidemiologica, l’Agenzia europea per i medicinali ha raccomandato l’aggiornamento dei vaccini anti-Covid per includere la variante LP.8.1 in vista della campagna vaccinale 2025/2026. Questa decisione è stata presa attraverso la Emergency Task Force dell’EMA, in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità e altri partner internazionali, considerando i dati disponibili che includono anche studi condotti su modelli animali. La raccomandazione si basa sulla necessità di mantenere l’efficacia dei vaccini di fronte alla continua evoluzione del SARS-CoV-2 e alla maggiore capacità di evasione immunitaria dimostrata da LP.8.1.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha incluso LP.8.1 tra le varianti sotto monitoraggio fin da febbraio 2025, insieme a XEC, valutando il rischio aggiuntivo per la salute pubblica come “basso” a livello globale. Secondo l’OMS, i vaccini attualmente raccomandati dovrebbero mantenere la loro efficacia contro la malattia sintomatica e grave causata da questa variante, poiché l’evasione immunitaria di LP.8.1 è paragonabile a quella di XEC, che ha dimostrato di avere un’immunoevasività limitata dai vaccini booster mRNA JN.1 o KP.2. L’organizzazione ha inoltre precisato che è improbabile che la continua diffusione di questa variante possa da sola aumentare significativamente il carico sui sistemi sanitari nazionali rispetto ad altri sottolignaggi Omicron.
Attualmente, la sorveglianza epidemiologica mostra che LP.8.1 ha preso il posto di JN.1 e della variante ricombinante XEC come ceppo dominante a livello mondiale. I dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie segnalano una ripresa dei casi in Europa, seppure al momento contenuta, ma l’attenzione degli esperti rimane alta soprattutto in vista della stagione autunnale, quando i virus respiratori tendono tradizionalmente a riprendere vigore. La situazione viene costantemente monitorata attraverso sistemi di sorveglianza genomica che permettono di tracciare l’evoluzione delle varianti e la loro diffusione geografica, fornendo dati essenziali per orientare le strategie di sanità pubblica e le decisioni relative alle campagne vaccinali future.