Il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha deciso di passare alle vie legali per riappropriarsi del simbolo e del nome del partito pentastellato, segnando l’inizio di una nuova fase di tensione con l’attuale leadership guidata da Giuseppe Conte. Secondo quanto confermato da fonti vicine al comico genovese, l’ex garante avrebbe già dato mandato ai propri legali per avviare un’azione giudiziaria volta a ottenere il ritorno della piena titolarità del simbolo alla sua associazione di Genova, che secondo precedenti sentenze ne deterrebbe la proprietà.
Lo scontro tra i due leader del Movimento si era formalmente concluso tra novembre e dicembre del 2024, quando l’assemblea costituente degli iscritti pentastellati ha proceduto all’abolizione della carica statutaria di garante nazionale, ruolo fino a quel momento ricoperto da Grillo, attraverso un doppio voto che ha sancito definitivamente la vittoria della linea contiana. La decisione è stata confermata in una seconda consultazione voluta proprio da Grillo, che sperava di ribaltare l’esito iniziale facendo leva sul mancato raggiungimento del quorum, ma gli iscritti hanno votato nuovamente a favore delle modifiche statutarie con una partecipazione addirittura superiore alla prima volta, attestandosi intorno al 65% contro il precedente 61%.
L’eliminazione del ruolo del garante è stata approvata definitivamente con l’80,56% dei voti favorevoli, mentre soltanto il 16,09% si è espresso contrariamente e il 3,36% si è astenuto, in una consultazione che ha visto partecipare 58.029 iscritti. Parallelamente, l’assemblea costituente ha anche abolito il limite dei due mandati elettivi, altra decisione fortemente contestata da Grillo, che aveva definito il Movimento “stramorto” pur riconoscendo che “l’humus che c’è dentro” rimaneva vitale. Il commento più emblematico del fondatore all’esito della Costituente è stato: “Vedere questo simbolo rappresentato da queste persone mi dà un senso di disagio. Fatevi un altro simbolo”.
La questione della proprietà del simbolo affonda le radici in una complessa vicenda giuridica che coinvolge diverse associazioni omonime create nel corso degli anni. Il MoVimento 5 Stelle originario nacque nell’ottobre 2009 dotandosi di uno stringatissimo statuto denominato “Non Statuto” e qualificandosi come “non associazione”, per poi munirsi nel dicembre 2014 di un regolamento che avrebbe dovuto attestare la democraticità dell’organizzazione ma che nei fatti divenne lo strumento per neutralizzare le candidature degli iscritti sgraditi attraverso il meccanismo delle espulsioni. Nel dicembre 2017, Grillo, Casaleggio Jr e Di Maio decisero di rottamare l’associazione originaria, lasciandola in un limbo di forzata inattività, per crearne ex novo una omonima, quella attualmente presieduta da Giuseppe Conte che si iscrisse al M5S nel 2021.
Un elemento cruciale nella disputa legale è rappresentato dalle sentenze della Corte d’Appello di Genova, particolarmente quella del 10 novembre 2021, che ha stabilito come nome e simbolo del M5S appartengano a Beppe Grillo. La sentenza di secondo grado ha confermato la decisione del tribunale di primo grado del 2019, rigettando l’appello proposto dal curatore speciale nell’interesse del primo M5S e ribadendo che nessuno ha mai contestato al M5S-1 il diritto a usare il nome o il simbolo. Secondo l’avvocato Lorenzo Borrè, storico legale dei dissidenti pentastellati, l’azione legale che Grillo intende intraprendere “riguarda non tanto questioni di marchi, quanto la titolarità del diritto di utilizzo del nome e del contrassegno del partito” e “dovrebbe portare all’inibizione dell’uso del nome e del simbolo da parte di Giuseppe Conte e del partito di cui questi è presidente”.
Dall’altro versante, il Movimento 5 Stelle guidato da Conte si dice “assolutamente tranquillo” rispetto alla prospettata iniziativa legale di Grillo. Dal quartier generale di Campo Marzio fanno sapere che “se e quando dovesse esserci questa nuova iniziativa giudiziaria, leggeremo le carte e i nostri avvocati risponderanno a tono”, sottolineando come le prerogative avanzate sulla base del simbolo vengano giudicate “infondate”. Il deputato Alfonso Colucci, notaio e coordinatore dell’area legale del Movimento, ha spiegato che “sia il nome, sia il simbolo risultano intestati all’Associazione attuale” e che “Beppe Grillo in forza di specifici obblighi contrattuali ha espressamente rinunciato a ogni contestazione relativa all’utilizzo sia del nome e sia del simbolo del M5S, come modificati o modificabili in futuro dall’Associazione medesima”.
La battaglia legale si inserisce in un contesto di tensioni crescenti tra i due leader, culminate nell’ottobre 2024 con la revoca del contratto di consulenza da 300.000 euro annui che garantiva a Grillo un compenso per le sue prestazioni comunicative. Giuseppe Conte aveva motivato la decisione sostenendo che Grillo “non potenzia l’immagine del Movimento 5 Stelle, ma addirittura la compromette” e che “gli impegni del contratto sono molto chiari: le somme corrisposte dipendono da una prestazione, non da un ruolo di garanzia rivestito in modo astratto”. La mossa di Conte sembrava già allora preludere alla completa defenestrazione di Grillo, con l’eliminazione della figura del garante per permettere all’ex premier di presentarsi come unico leader del Movimento.
L’assemblea costituente “Nova” ha rappresentato il momento culminante di questo processo di rifondazione del Movimento secondo la visione contiana, con gli iscritti che hanno approvato non solo l’abolizione del garante e del limite dei due mandati, ma anche l’apertura alle alleanze politiche, precedentemente vietate, e la definizione di un nuovo posizionamento politico del M5S tra i “progressisti indipendenti”. Il 92,45% dei votanti ha stabilito che le alleanze politiche devono essere condizionate a un accordo programmatico preciso, mentre l’82,70% ha chiesto che siano vincolate a un documento che dichiari valori e punti programmatici non negoziabili. Riguardo al posizionamento, il 36,70% ha optato per la collocazione tra “progressisti indipendenti”, il 22,09% ha scelto la definizione di “forza progressista”, mentre solo l’11,53% ha preferito l’etichetta di “forza di sinistra”.
La prospettiva di una battaglia legale tra Grillo e Conte rappresenta l’epilogo di uno scontro che ha attraversato diverse fasi, dalla contrapposizione politica alla guerra comunicativa, fino alla resa dei conti istituzionale attraverso il voto degli iscritti. L’obiettivo dichiarato da Grillo è quello di riappropriarsi del nome e del simbolo “in vista delle prossime scadenze politiche, data la sempre maggiore distanza tra i valori del Movimento e l’agire della attuale dirigenza”, come riferiscono fonti a lui vicine. Dal canto suo, il team legale di Conte si dice sicuro della “solidità” delle proprie ragioni giuridiche, sottolineando che da quando è partito il nuovo corso non si è registrata nessuna sconfitta giudiziale e che su quelle pendenti, chi le ha avanzate ha perso ed è stato costretto a pagare spese processuali e danni. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!