Dall’alba del 10 settembre la Francia è stata investita da una delle più imponenti giornate di mobilitazione degli ultimi anni: la manifestazione “Blocchiamo tutto” (Bloquons tout) ha paralizzato diverse aree del territorio nazionale, portando a oltre 200 arresti di cui la maggioranza – 132 fermi – concentrati nella sola capitale francese e nella sua area metropolitana.
Il ministro dell’Interno uscente Bruno Retailleau ha denunciato apertamente come il movimento sia stato “dirottato dall’estrema sinistra”, sottolineando che la protesta “non ha nulla di una mobilitazione civica” e che è stata “snaturata, accaparrata e confiscata dall’estrema e dall’ultra sinistra, sostenuta dal movimento Insoumis”. Le forze dell’ordine hanno dovuto gestire tensioni particolarmente acute nella capitale, dove interventi con lancio di lacrimogeni si sono resi necessari davanti a diversi istituti scolastici, già divenuti epicentri delle proteste studentesche.
La mobilitazione ha assunto caratteristiche di autentica guerriglia urbana in varie zone della Francia: a Parigi sono stati segnalati scontri e biciclette in fiamme in place de la Nation, mentre auto incendiate e tafferugli tra manifestanti e forze dell’ordine hanno interessato anche altre importanti città francesi come Rennes, Nantes, Lione e Tolosa. La prefettura di zona ha comunicato che alle operazioni di arresto si sono aggiunte “una cinquantina di azioni di sblocco” condotte dalle forze dell’ordine per ripristinare la normale circolazione nelle aree bloccate dai manifestanti.
La genesi di questo movimento di protesta affonda le radici nel malcontento sociale esploso durante l’estate del 2025 attraverso i canali social media, in particolare TikTok, Telegram e Facebook. Il movimento, che conta circa venti organizzatori principali e si dichiara indipendente da partiti politici e sindacati tradizionali, ha trovato terreno fertile nel rigetto delle drastiche misure di austerità proposte dal dimissionario primo ministro François Bayrou.
La manovra economica di Bayrou, presentata il 15 luglio 2025, prevedeva infatti tagli alla spesa pubblica per quasi 44 miliardi di euro nell’arco di tre anni, con l’obiettivo di riportare il deficit francese dal 5,4% del PIL del 2025 al 4,6% per il 2026. Il piano di austerità includeva misure particolarmente controverse: la cancellazione di due festività nazionali (il Lunedì di Pasqua e l’8 maggio, giorno della vittoria sul nazismo), tagli di cinque miliardi di euro alla spesa sanitaria, il congelamento delle pensioni e la riduzione drastica degli investimenti nella funzione pubblica.
All’origine dell’iniziativa si individuano due gruppi principali: “Indignons-nous”, legato a istanze progressiste e concentrato su rivendicazioni sociali come l’opposizione ai tagli e la difesa dei servizi pubblici, e “Les Essentiels”, più orientato verso posizioni sovraniste di destra, che rivendica l’uscita della Francia dall’Unione Europea (Frexit) e critica l’imposizione fiscale, proponendo azioni di boicottaggio come evitare l’uso delle carte di credito e della grande distribuzione.
Il movimento ha assunto rapidamente dimensioni significative: secondo le stime dei servizi di sicurezza interni, si attendevano almeno 100.000 persone in piazza durante la giornata del 10 settembre, spingendo le autorità a schierare oltre 80.000 agenti tra poliziotti e gendarmi per mantenere il controllo sui siti sensibili. A Parigi sono stati mobilitati 6.000 agenti specificamente dedicati alla gestione dell’ordine pubblico nella capitale.
La mobilitazione si è inserita in un contesto di profonda crisi istituzionale francese: la manifestazione “Blocchiamo tutto” è avvenuta infatti il giorno successivo alla nomina del nuovo primo ministro Sébastien Lecornu da parte del presidente Emmanuel Macron, dopo che l’8 settembre l’Assemblea nazionale aveva sfiduciato il governo Bayrou con 364 voti contrari e soli 194 favorevoli. Lecornu, 39 anni, ex ministro della Difesa e fedele di Macron fin dall’inizio del movimento En Marche!, diventa così il quinto primo ministro degli ultimi tre anni.
L’approccio delle autorità verso la protesta è stato caratterizzato da una linea di “tolleranza zero” annunciata dal ministro Retailleau, che aveva messo in allerta tutti i prefetti francesi invitandoli ad “agire con la massima fermezza” e precisando che “non esiste che siti strategici o infrastrutture essenziali alla vita del paese possano essere bloccati”. Le forze dell’ordine hanno dovuto gestire situazioni particolarmente critiche, con gruppi di manifestanti “incappucciati, vestiti di nero” che Retailleau ha definito come portatori del “DNA dei movimenti estremisti e di estrema sinistra”.
La strategia di protesta del movimento “Blocchiamo tutto” non si è limitata alle tradizionali manifestazioni di piazza, ma ha puntato a una vera e propria paralisi del sistema attraverso boicottaggi, scioperi selvaggi e occupazioni simboliche di municipi e uffici pubblici. I manifestanti hanno tentato di interrompere la circolazione stradale, in particolare sulla tangenziale parigina (Périphérique), e hanno organizzato blocchi presso depositi di autobus e stazioni ferroviarie, causando significativi disagi al trasporto pubblico e privato.
Le tensioni più acute si sono registrate nei pressi di diversi istituti scolastici della capitale, dove gruppi di studenti si sono uniti alla protesta, trasformando i licei in veri e propri epicentri della mobilitazione giovanile. Particolarmente violenti sono stati gli scontri davanti al liceo Hélène-Boucher, situato non lontano dal ministero dell’Interno, dove i manifestanti hanno lanciato cassonetti della spazzatura e fumogeni contro le forze dell’ordine.
Il fenomeno “Blocchiamo tutto” presenta notevoli analogie con la mobilitazione dei Gilet Gialli del 2018, sia per la genesi spontanea sui social media sia per la composizione popolare e l’assenza di leader riconosciuti. Tuttavia, secondo un sondaggio della Fondazione Jean-Jaurès, il nuovo movimento riunisce persone più giovani e politicamente più schierate rispetto ai precedenti Gilet Gialli. Un dato significativo emerge da un sondaggio de “La Tribune”: il 46% dei francesi guarda con simpatia al movimento “Blocchiamo tutto”.
La risposta politica alla mobilitazione ha evidenziato le profonde spaccature dell’attuale panorama francese. Mentre La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha sostenuto apertamente il movimento e diverse federazioni della CGT hanno organizzato azioni locali, il resto della sinistra è rimasto diviso. La confederazione sindacale CFDT ha scelto di non partecipare, mentre i sindacati tradizionali hanno preferito organizzare una propria giornata di mobilitazione per il 18 settembre.
L’estrema destra del Rassemblement National ha preso le distanze dalla protesta, con Marine Le Pen che ha dichiarato che “la Francia non ha bisogno di un blocco, ma di essere sbloccata”. La leader del RN ha criticato la nomina di Lecornu definendola “l’ultima cartuccia del macronismo” e ribadendo che “dopo le ineluttabili future elezioni legislative, il primo ministro si chiamerà Jordan Bardella”.
Des heurts éclatent entre des manifestants et les forces de l'ordre aux abords du lycée Hélène Boucher à Paris dans le cadre des actions à l'appel de "Bloquons tout", une mobilisation citoyenne née sur les réseaux sociaux. pic.twitter.com/aAL2oWBGcK
— Hespress Français (@HespressFr) September 10, 2025
La situazione economica alla base delle proteste rimane critica: la Francia presenta un debito pubblico del 114% del PIL, equivalente a oltre 3.415 miliardi di euro, con un deficit che non raggiunge il pareggio da 51 anni. Il servizio del debito costa alla Francia oltre 70 miliardi di euro all’anno in interessi, una cifra che cresce di 5.000 euro al secondo. Questa situazione ha spinto l’agenzia di rating Fitch a minacciare un possibile declassamento del rating francese, mentre il Paese paga ormai tassi di interesse sul debito equivalenti a quelli italiani.
Il neoeletto primo ministro Lecornu si trova ora di fronte a sfide monumentali: dovrà costruire un governo “con una direzione chiara” in un parlamento frammentato, gestire le pressioni sociali che continuano a montare e trovare soluzioni per il risanamento dei conti pubblici senza scatenare ulteriori ondate di proteste. La sua nomina, avvenuta in tempi record per non lasciare scoperto il Paese durante una giornata così critica, rappresenta un tentativo di Macron di mantenere il controllo attraverso un fedelissimo, ma le reazioni politiche suggeriscono che le difficoltà sono tutt’altro che superate.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!