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Kazakistan, scoperto giacimento monstre di terre rare con oltre 28 milioni di tonnellate: potrebbe rivoluzionare gli equilibri globali

Il Kazakistan ha scoperto un giacimento di terre rare da 28,2 milioni di tonnellate nella regione di Karaganda, potenzialmente il terzo più grande al mondo dopo Cina e Vietnam, con significative implicazioni per gli equilibri geopolitici globali.

Un’immensa riserva di terre rare è stata individuata nella regione centrale del Kazakistan, precisamente nel distretto di Karkaraly della provincia di Karaganda, a circa trecento chilometri dalla capitale Nur-Sultan. Il giacimento, denominato Kuirektykol e facente parte del più ampio complesso Zhana Kazakhstan, secondo le ultime stime geologiche aggiornate conterrebbe 28,2 milioni di tonnellate di elementi delle terre rare commercialmente sfruttabili, una cifra che supera ampiamente le previsioni iniziali di 20 milioni di tonnellate annunciate nell’aprile 2025.

La scoperta, emersa durante le attività esplorative condotte dalla compagnia LLP Tsentrgeolsemka nell’ambito del programma statale di esplorazione geologica avviato nel 2021, rappresenta una svolta epocale per l’economia kazaka e per gli equilibri del mercato globale delle materie prime strategiche. Le analisi sui campioni di perforazione hanno confermato la presenza di concentrazioni significative di elementi quali cerio, lantanio, neodimio e ittrio entro una profondità massima di trecento metri, con una concentrazione media di 700 grammi di terre rare per tonnellata di materiale estratto.

Il complesso minerario, situato all’interno di un’antica struttura vulcanica formata da vulcani estinti e successivamente alterata da processi magmatici, si estende su un’area di circa 64,2 chilometri quadrati. Le zone più promettenti dal punto di vista mineralogico sono state identificate nelle aree denominate Irgiz e Dos 2, dove le concentrazioni di elementi delle terre rare superano lo 0,1% del materiale, con alcuni campioni individuali che raggiungono valori fino allo 0,25%.

L’impatto strategico della scoperta assume dimensioni considerevoli se contestualizzato nel panorama globale della produzione di terre rare. Attualmente, la Cina domina incontrastata questo mercato controllando circa il 70% dell’estrazione mondiale e il 90% delle capacità di raffinazione e lavorazione avanzata, una posizione che le conferisce un potere geopolitico straordinario nei confronti delle economie industrializzate occidentali. Le terre rare rappresentano infatti componenti insostituibili per la produzione di magneti permanenti utilizzati nei motori elettrici delle automobili ibride ed elettriche, nelle turbine eoliche, nei dischi rigidi dei computer e in una vasta gamma di dispositivi elettronici di ultima generazione.

La validazione delle riserve kazake potrebbe posizionare il paese centroasiatico come il terzo detentore mondiale di giacimenti di terre rare, preceduto soltanto dalla Cina con le sue 44 milioni di tonnellate di riserve e dal Vietnam con 22 milioni di tonnellate. Questa prospettiva ha già catalizzato l’attenzione delle potenze occidentali, in particolare dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, che da anni cercano alternative alla dipendenza cinese per l’approvvigionamento di questi materiali critici per la transizione energetica e digitale.

Il governo kazako ha affidato lo sviluppo del giacimento alla Tau-Ken Samruk, la compagnia mineraria nazionale controllata dal fondo sovrano Samruk-Kazyna, che dovrà condurre la fase di preparazione pre-investimento comprensiva di ulteriori studi geologici, selezione delle tecnologie estrattive più appropriate e valutazioni di fattibilità economica. L’azienda statale potrà procedere autonomamente o in partnership con investitori privati internazionali, seguendo il modello già adottato per altri progetti minerari strategici come i depositi di rame di Karatas, oro di Zhosabai e tungsteno di North Katpar e Upper Kayrakty.

Secondo le proiezioni del Ministero dell’Industria e delle Costruzioni kazako, lo sfruttamento completo del giacimento richiederà investimenti nell’ordine dei 10 milioni di dollari e un orizzonte temporale compreso tra i sei e i dodici anni prima dell’avvio della produzione su scala industriale. La complessità del progetto deriva non soltanto dalla necessità di costruire infrastrutture estrattive adeguate, ma anche dalla mancanza attuale di tecnologie avanzate per la lavorazione e raffinazione delle terre rare sul territorio nazionale.

Il timing dell’annuncio della scoperta non appare casuale, coincidendo strategicamente con il rafforzamento delle relazioni diplomatiche ed economiche tra il Kazakistan e l’Unione Europea. Durante il primo vertice Asia Centrale-Unione Europea tenutosi in Uzbekistan nell’aprile 2025, i leader europei hanno infatti sottoscritto una roadmap per la cooperazione 2025-2026 che prevede esplicitamente il rafforzamento della collaborazione nell’esplorazione geologica, ricerca e innovazione nel settore delle materie prime critiche.

L’interesse europeo per le risorse kazake si inserisce perfettamente nella strategia di diversificazione degli approvvigionamenti delineata dal Critical Raw Materials Act, il piano dell’Unione Europea per ridurre la dipendenza dalla Cina e garantire forniture sicure e sostenibili dei materiali essenziali per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Le terre rare rappresentano infatti elementi indispensabili per la produzione di batterie agli ioni di litio, celle fotovoltaiche, sistemi di accumulo energetico e tutte le tecnologie abilitanti della transizione verde.

Parallelamente, anche gli Stati Uniti hanno manifestato interesse concreto per una collaborazione strategica con il Kazakistan nel settore delle terre rare. La compagnia mineraria nazionale Tau-Ken Samruk ha infatti siglato un accordo di cooperazione con la società di investimenti americana Cove Capital per condurre esplorazioni geologiche nel sito di Akbulak nella regione di Kostanai, dimostrando come Washington stia perseguendo una strategia di partenariati bilaterali per garantirsi accesso privilegiato alle risorse centroasiatiche.

Le implicazioni geopolitiche della scoperta kazaka si estendono ben oltre i confini regionali, andando a toccare i delicati equilibri di potere tra le grandi potenze mondiali. La Cina, che negli ultimi tre decenni ha costruito la propria supremazia nel settore delle terre rare attraverso una strategia industriale a lungo termine caratterizzata da massicci investimenti statali e standard ambientali meno rigorosi, potrebbe vedere minacciato il proprio quasi-monopolio. Pechino controlla attualmente non soltanto l’estrazione, ma soprattutto i complessi processi di separazione e purificazione degli elementi delle terre rare, tecnologie che richiedono competenze specifiche e capitali considerevoli.

Il governo cinese ha già dimostrato in passato la propria disponibilità a utilizzare le terre rare come strumento di pressione geopolitica, imponendo restrizioni alle esportazioni e quote produttive per influenzare i mercati internazionali. Nel 2023, Pechino ha vietato l’esportazione di tecnologie per la lavorazione di alcuni elementi delle terre rare destinati alla produzione di magneti permanenti, consolidando ulteriormente la propria posizione dominante nella catena del valore.

La diversificazione delle fonti di approvvigionamento attraverso lo sviluppo del giacimento kazako potrebbe quindi rappresentare un elemento cruciale per l’autonomia strategica delle economie occidentali, particolarmente rilevante in un contesto geopolitico caratterizzato da crescenti tensioni commerciali e competizione tecnologica tra blocchi regionali. Il Kazakistan, tradizionalmente allineato con la Russia ma sempre più orientato verso una politica estera multi-vettoriale, si trova così nella posizione privilegiata di poter negoziare partenariati vantaggiosi con molteplici attori internazionali.

Le sfide operative e ambientali connesse allo sfruttamento del giacimento rimangono tuttavia considerevoli. L’estrazione e la lavorazione delle terre rare comportano processi industriali altamente inquinanti che generano significative quantità di scarti radioattivi e sostanze chimiche tossiche. Il Kazakistan dovrà quindi sviluppare tecnologie e standard ambientali adeguati per minimizzare l’impatto ecologico delle attività estrattive, una sfida particolarmente complessa considerando la mancanza di esperienza nazionale nel settore.

Dal punto di vista logistico, il giacimento beneficia di una posizione relativamente favorevole, trovandosi a soli 80 chilometri dalla rete ferroviaria più vicina e a circa 420 chilometri dalla capitale. Tuttavia, la creazione di una filiera completa dalla estrazione alla lavorazione finale richiederà investimenti infrastrutturali sostanziali e il trasferimento di tecnologie avanzate da parte di partner internazionali esperti del settore.

Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha definito i metalli delle terre rare come il “nuovo petrolio” del XXI secolo, sottolineando l’importanza strategica di questi materiali per lo sviluppo economico a lungo termine del paese. Nel suo discorso parlamentare di settembre 2025, Tokayev ha incaricato il governo di avviare almeno tre impianti di produzione high-tech basati sui metalli delle terre rare entro i prossimi tre anni, evidenziando l’ambizione di trasformare il Kazakistan in un hub regionale per le tecnologie avanzate.

Il settore delle terre rare e dei metalli rari rappresenta attualmente il 2,4% della produzione metallurgica kazaka, una quota destinata a crescere significativamente con lo sviluppo del giacimento di Kuirektykol. Dal 2018, lo stato ha investito 67 miliardi di tenge (circa 124,6 milioni di dollari) nel settore, mentre gli investimenti privati nelle attività di esplorazione geologica sono triplicati negli ultimi sei anni, raggiungendo i 100 miliardi di tenge nel 2024.

La tempistica di sviluppo del progetto dipenderà dalla capacità del Kazakistan di attrarre partner tecnologici qualificati e di navigare le complessità geopolitiche regionali. La Cina, nonostante la potenziale competizione, potrebbe paradossalmente rappresentare il partner più naturale per lo sviluppo iniziale del giacimento, considerando la propria supremazia tecnologica nella lavorazione delle terre rare e la vicinanza geografica. Tuttavia, l’interesse manifestato da Europa e Stati Uniti suggerisce che Nur-Sultan disporrà di multiple opzioni di partenariato, una situazione che potrebbe massimizzare i benefici economici e strategici per il paese.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!