L’annuncio ufficiale della proclamazione di uno sciopero generale da parte della Cgil, fissato per il prossimo 12 dicembre, rappresenta un momento di svolta nel panorama sindacale e politico italiano. La decisione, maturata dall’assemblea dei delegati – riunitasi a Firenze e guidata dal presidente Fulvio Fammoni insieme al segretario generale Maurizio Landini – nasce come risposta netta e contrapposta all’attuale manovra economica approntata dal governo Meloni, con ripercussioni destinate a coinvolgere l’intero sistema dei rapporti tra esecutivo e forze sociali.
Le motivazioni addotte dal sindacato sono esplicite e si fondano su una critica profonda e articolata alla Legge di Bilancio 2026, ritenuta “ingiusta, sbagliata e incapace di dare risposte alle reali emergenze del Paese” secondo l’analisi sindacale. In particolare, la Cgil insiste su alcune priorità ormai storicamente disattese, a cominciare dalla questione salariale: per Landini, “l’emergenza fondamentale si chiama salario”, poiché l’attuale legge di Bilancio viene accusata di non prevedere nessuna misura concreta per aumentare le retribuzioni di milioni di lavoratori e lavoratrici, lasciando inalterate diseguaglianze e disparità nei confronti delle fasce più deboli del mondo del lavoro. In questo quadro si inserisce la richiesta di destinare risorse aggiuntive al rinnovo dei contratti pubblici scaduti, nonché di estendere la detassazione a tutti i lavoratori, pubblici e privati, a fronte, secondo la Cgil, di “25 miliardi di tasse in più pagate da lavoratori e pensionati negli ultimi tre anni” come effetto di mancati adeguamenti e rivalutazioni rispetto a inflazione e dinamiche dei prezzi.
Accanto alle rivendicazioni di tipo economico, la protesta abbraccia temi ritenuti cruciali per la tenuta sociale del Paese. In prima linea, la sanità pubblica, giudicata ormai al collasso secondo il sindacato: sei milioni di persone incontrano difficoltà serie nell’accedere alle cure, le liste d’attesa si allungano e il servizio sanitario nazionale rischia ulteriori pesantissimi tagli se il quadro finanziario non verrà rivisto. La Cgil critica inoltre la mancanza di investimenti strutturali per la scuola, l’istruzione e i servizi sociali, individuando qui una delle maggiori emergenze per il futuro collettivo e la coesione sociale. A queste si sommano le richieste di politiche efficaci per il contrasto alla precarietà, un adeguamento di pensioni che compensi il potere d’acquisto eroso dall’inflazione, politiche industriali in grado di garantire nuovi posti di lavoro e la sicurezza nei luoghi di lavoro, dopo una stagione segnata da incidenti gravi e morti bianche.
L’azione di mobilitazione assunta dalla Cgil non assume soltanto i connotati di una protesta simbolica, ma si configura come una precisa vertenza, orchestrata per incidere nel dibattito parlamentare sulla manovra e per sostenere tutte le vertenze esistenti sul rinnovo dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, in particolare nei settori delle farmacie, igiene ambientale, sanità privata, industria cartaria e telecomunicazioni. Il documento conclusivo dell’assemblea ribadisce il sostegno alle categorie che hanno scelto di non firmare i rinnovi dei contratti pubblici 2022-2024 senza consultare direttamente i lavoratori mediante referendum, denunciando gli accordi separati promossi dal governo come datore di lavoro, e imputando a queste scelte una riduzione inaccettabile del potere d’acquisto e una crescita della precarizzazione.
Nel dettaglio, tra le proposte avanzate da Maurizio Landini emerge l’istituzione di un contributo di solidarietà dell’1% sui patrimoni superiori ai due milioni di euro: una misura che, secondo le stime sindacali, coinvolgerebbe circa 500 mila cittadini e garantirebbe fino a 26 miliardi di euro da destinare a investimenti urgenti in sanità, istruzione e assunzioni nella pubblica amministrazione. Non meno significativa è la questione della fiscalità: la Cgil chiede una riforma della giustizia fiscale che redistribuisca il carico tributario in modo più equo e sostiene la necessità di restituire integralmente il cosiddetto “fiscal drag”, ovvero la quota di reddito persa a causa di una mancata indicizzazione delle aliquote ai tassi reali di inflazione.
Forte è poi il richiamo, nell’appello lanciato dalla Cgil, alla partecipazione di massa di lavoratori, pensionati e cittadini alle manifestazioni che si terranno in tutte le principali città italiane il 12 dicembre, con modalità organizzative che saranno definite a livello territoriale nei prossimi giorni. Il sindacato preannuncia una mobilitazione che dovrà coinvolgere “tutti i settori, sia pubblici che privati”, nel tentativo di esercitare una pressione significativa sul governo e riportare al centro dell’agenda parlamentare le istanze della parte più vasta e rappresentativa del mondo del lavoro italiano.
Lo sciopero generale proclamato dalla Cgil rappresenta quindi un banco di prova per il rapporto tra il governo e le principali organizzazioni sindacali, ma anche un momento chiave per il coinvolgimento dei lavoratori in una fase di profondi cambiamenti economici e sociali. Le prossime settimane saranno decisive per capire se, sotto la pressione sindacale e della piazza, il disegno di legge di bilancio sarà oggetto di modifiche sostanziali, o se al contrario l’esecutivo deciderà di mantenere invariato l’impianto della manovra, esponendosi al rischio di uno scontro istituzionale e sociale destinato a protrarsi nei mesi a venire.
Al di là delle dichiarazioni e delle polemiche politiche che hanno seguito la proclamazione dello sciopero – con battute e reazioni da parte della presidenza del Consiglio e dei principali esponenti della maggioranza parlamentare – la data del 12 dicembre si avvia a essere uno snodo centrale per valutare la risposta concreta del lavoro organizzato a una manovra giudicata, nelle parole della Cgil, inadeguata alle necessità del Paese. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
