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Freddo polare, ecco dove in Italia può scattare un BLACKOUT da un momento all’altro

Le ondate di freddo mettono sotto stress il sistema elettrico italiano aumentando i consumi mentre riducono la produzione rinnovabile: ecco le aree più vulnerabili ai blackout causati da neve e ghiaccio.

Quando un’ondata di gelo investe l’Italia, non è soltanto il termometro a segnare valori critici: anche l’intera infrastruttura elettrica nazionale viene sottoposta a uno stress considerevole che può determinare interruzioni del servizio, disservizi localizzati e veri e propri blackout. Il fenomeno, lungi dall’essere una semplice conseguenza delle basse temperature, rappresenta il risultato di una complessa interazione tra fattori meteorologici, caratteristiche strutturali della rete e dinamiche dei consumi energetici che merita un’analisi approfondita per comprenderne le dimensioni e le implicazioni.

La questione assume particolare rilevanza nell’attuale fase di transizione energetica, con il sistema elettrico italiano che sta attraversando una trasformazione profonda caratterizzata dalla crescente penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili, dalla progressiva dismissione degli impianti termoelettrici convenzionali e dall’intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici. In questo contesto, le ondate di freddo intense costituiscono uno dei principali fattori di rischio per la continuità del servizio elettrico, specialmente in determinate aree geografiche che presentano vulnerabilità specifiche.

Il meccanismo: come il freddo mette sotto stress la rete elettrica

Il meccanismo attraverso cui il freddo intenso mette in difficoltà la rete elettrica si articola su molteplici livelli. Durante le ondate gelide, milioni di italiani accendono contemporaneamente sistemi di riscaldamento elettrici, pompe di calore, termoconvettori e stufe elettriche, generando un improvviso e marcato aumento della domanda di energia che si concentra tipicamente nelle prime ore del mattino e nelle ore serali. I dati relativi ai consumi domestici confermano che l’Italia registra picchi di fabbisogno elettrico durante il periodo invernale, con particolare intensità nei mesi compresi tra dicembre e marzo, quando il consumo mensile può raggiungere i centonovantasette chilowattora per abitazione nelle zone più fredde.

La diffusione crescente delle pompe di calore come sistema di riscaldamento, incentivata dalle politiche di transizione energetica e di efficientamento degli edifici, sta modificando in modo significativo il profilo dei consumi invernali. Un’abitazione di cento metri quadrati nel Nord Italia equipaggiata con pompa di calore può assorbire dalla rete elettrica tra 1.400 e 1.800 chilowattora durante l’intera stagione fredda, con punte che nei periodi più rigidi possono toccare i mille chilowattora mensili. Questo fenomeno, moltiplicato per milioni di utenze, determina un carico sulla rete che in alcune circostanze può avvicinarsi ai limiti della capacità disponibile.

La problematica si aggrava quando l’incremento della domanda coincide con una riduzione della capacità di generazione disponibile. Durante le ondate di freddo intenso, la produzione da fonti rinnovabili può risultare limitata: gli impianti fotovoltaici, che rappresentano oltre il settanta per cento della capacità rinnovabile installata in Italia secondo le proiezioni di sviluppo del sistema energetico nazionale, vedono drasticamente ridotta la loro produzione nei mesi invernali a causa della diminuzione delle ore di luce e delle condizioni atmosferiche avverse. La resa degli impianti solari durante l’inverno si attesta mediamente tra il dieci e il trenta per cento rispetto alla produzione estiva, con valori che possono scendere ulteriormente in presenza di copertura nuvolosa persistente o neve.

Neve, ghiaccio e vento: i nemici delle linee elettriche

Accanto alla questione dei consumi e della generazione, gli eventi meteorologici che tipicamente accompagnano le irruzioni artiche rappresentano una minaccia diretta per l’integrità fisica della rete elettrica. Neve abbondante, ghiaccio, vento forte e gelicidio possono provocare danni meccanici ai cavi e alle linee aeree di trasmissione e distribuzione, con conseguenze che vanno dal semplice disturbo temporaneo all’interruzione prolungata del servizio su aree anche estese.

Il fenomeno dei manicotti di ghiaccio costituisce uno degli aspetti più insidiosi del maltempo invernale per le infrastrutture elettriche. Con temperature prossime allo zero e in presenza di neve bagnata, questa può aderire ai conduttori e, solidificandosi progressivamente sotto l’azione del vento, formare cilindri di ghiaccio il cui diametro può raggiungere dimensioni fino a dieci volte superiori a quello del cavo originario. Il peso aggiuntivo genera sollecitazioni meccaniche eccessive che possono determinare la rottura dei conduttori o il collasso dei tralicci, con conseguenti interruzioni del servizio che richiedono interventi di ripristino complessi e prolungati.

Nord Italia: pianure energivore e valli isolate

Le regioni del Nord Italia figurano tra le aree più delicate del territorio nazionale quando si considera il rischio di blackout durante le ondate di freddo. Piemonte e Lombardia presentano una particolare vulnerabilità derivante dalla coesistenza di grandi centri urbani e aree metropolitane con consumi energetici estremamente elevati, poli industriali energivori e zone montane esposte agli effetti più severi del maltempo invernale. Durante le ondate di gelo, la richiesta di energia in queste regioni aumenta in modo significativo e, quando le precipitazioni nevose risultano particolarmente abbondanti, il peso della neve sui cavi e sulle linee aeree può causare guasti diffusi con conseguenti interruzioni localizzate.

Le cronache degli ultimi anni documentano numerosi episodi di blackout nelle province lombarde e piemontesi in concomitanza con nevicate intense. La provincia di Cremona, nel dicembre del 2020, ha sperimentato frequenti e prolungati blackout elettrici a causa della neve che hanno determinato l’interruzione del servizio non soltanto nelle abitazioni ma anche negli impianti di potabilizzazione e nei sistemi di pompaggio dell’acqua, con ripercussioni sulla fornitura idrica. Le aree montane e le alte valli di confine del Piemonte risultano particolarmente esposte quando le nevicate raggiungono quote basse e si accompagnano a condizioni di vento forte, capaci di danneggiare tralicci e linee nelle zone alpine e prealpine con ricadute anche sui fondovalle.

Il Triveneto, che comprende Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, presenta un profilo di rischio legato principalmente alle nevicate abbondanti, al gelicidio e al vento in quota che caratterizzano le zone alpine e prealpine durante le irruzioni artiche più intense. In molte vallate montane, la configurazione della rete elettrica presenta dorsali principali che servono intere comunità: un singolo guasto su queste linee critiche può determinare l’isolamento elettrico di popolazioni numerose, con tempi di ripristino che si dilatano a causa delle difficoltà di accesso in condizioni meteorologiche avverse.

La provincia autonoma di Trento ha dovuto affrontare ripetutamente la problematica degli accumuli di neve e ghiaccio sui conduttori, che durante il periodo invernale provocavano rotture delle linee per sovraccarichi meccanici, blackout di rete e malfunzionamenti diffusi. Il ripristino completo della funzionalità risultava particolarmente laborioso e poco tempestivo a causa dell’impossibilità di raggiungere rapidamente le zone interessate con i mezzi necessari, situazione che ha spinto i gestori di rete a sviluppare soluzioni innovative come i conduttori con rivestimento super-idrofobico capaci di respingere gli accumuli di neve bagnata e ghiaccio.

Appennino e aree interne: reti fragili e difficili da raggiungere

Le zone interne appenniniche rappresentano un’altra fascia territoriale ad alta vulnerabilità per il rischio di blackout durante le ondate di freddo. Le regioni che si estendono lungo la dorsale appenninica, da Liguria ed Emilia-Romagna fino a Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise, sono particolarmente esposte a interruzioni localizzate del servizio elettrico durante gli episodi di maltempo invernale.

La combinazione di fattori che determina questa vulnerabilità risulta articolata e ricorrente: le reti elettriche nelle aree appenniniche presentano una distribuzione più diradata rispetto alle zone urbane costiere, il territorio complesso caratterizzato da vallate, versanti ripidi e strade di difficile percorribilità ostacola gli interventi di manutenzione preventiva e di ripristino, la neve bagnata e pesante si accumula sui cavi e sugli alberi causando caduta di rami e interruzioni, i tempi di intervento dei tecnici si allungano significativamente in presenza di ghiaccio e condizioni di viabilità compromessa.

L’Appennino modenese ha registrato negli ultimi anni numerosi episodi di blackout elettrici in concomitanza con nevicate che, pur non presentando caratteristiche eccezionali, hanno determinato disalimentazioni prolungate per migliaia di utenze. Nel dicembre del 2024, accumuli di neve superiori al mezzo metro nel medio Appennino hanno provocato la rottura di conduttori a causa del peso e la caduta di decine di piante sui cavi, lasciando oltre cinquemila utenze senza corrente per periodi che in alcuni comuni hanno superato le dodici ore consecutive.

Le problematiche si sono ripetute con regolarità anche negli anni precedenti, tanto che l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani dell’Emilia-Romagna ha formalmente denunciato le ricorrenti interruzioni di erogazione di energia elettrica a causa dell’insufficiente o mancata manutenzione degli impianti da parte dei gestori delle linee elettriche, richiedendo alle istituzioni regionali di assumere con determinazione le iniziative necessarie affinché queste situazioni non abbiano più a ripetersi.

Anche l’Appennino tosco-emiliano e le zone montane della Liguria sperimentano ricorrentemente blackout durante le ondate di freddo accompagnate da neve e vento forte, con situazioni che diventano particolarmente critiche quando le temperature oscillano attorno allo zero creando condizioni ideali per la formazione di ghiaccio sui conduttori. In queste regioni, anche una perturbazione non eccezionale può creare problemi significativi se accompagnata da neve umida e vento, condizioni che rappresentano la combinazione più dannosa per le reti elettriche.

Sud e Isole: vulnerabilità nelle zone interne e montane

Le regioni del Sud Italia e le isole maggiori sperimentano ondate di freddo intenso con minore frequenza rispetto al Centro-Nord, tuttavia quando le irruzioni artiche raggiungono queste latitudini possono comunque creare situazioni critiche per il sistema elettrico, specialmente in alcune aree specifiche caratterizzate da particolare vulnerabilità.

La Sardegna interna e montuosa risulta esposta al rischio di blackout durante le irruzioni artiche più intense, quando la neve può raggiungere quote medio-basse con accumuli importanti sui rilievi del Gennargentu e della Barbagia. Le linee elettriche che servono i comuni montani dell’interno possono soffrire gli effetti combinati di ghiaccio, vento e accumuli di neve, determinando interruzioni del servizio che assumono carattere di vera e propria emergenza per le popolazioni coinvolte.

Gli eventi del novembre 2025 hanno evidenziato la gravità del problema: una nevicata ha lasciato isolati elettricamente una decina di paesi tra cui Fonni, Gadoni, Desulo, Gavoi, Tonara e Seulo, con blackout che si sono protratti per quasi ventiquattro ore in alcuni comuni e oltre trenta ore in altri. Ventiquattro ore senza luce, senza rete dati, senza telefoni fissi, con impossibilità di comunicare e, per molti, anche impossibilità di scaldarsi per l’assenza di fonti alternative di calore rispetto agli impianti elettrici.

La situazione più difficile è stata vissuta dalle persone anziane e fragili, che hanno patito il freddo intenso in abitazioni rimaste completamente prive di riscaldamento, in quello che la sindaca di Fonni ha definito un vero incubo che nessuno merita. I blackout hanno determinato la chiusura forzata di attività commerciali e imprese nel periodo pre-natalizio, il blocco delle attività zootecniche con conseguenze per i pastori impossibilitati a mungere meccanicamente gli animali, l’interruzione della fornitura idrica per il blocco degli impianti di pompaggio.

La ricorrenza di questi eventi ha spinto le amministrazioni dei comuni montani sardi a chiedere formalmente interventi strutturali sulla rete elettrica, denunciando che i guasti si ripetono con cadenza regolare ogni volta che si verifica una nevicata, segno evidente che la manutenzione ordinaria sulla rete risulta insufficiente o del tutto assente. Già nel novembre del 2021 una nevicata aveva determinato un blackout continuativo di tre giorni negli stessi comuni, evento che si è ripetuto nel gennaio del 2023 quando Desulo è rimasta senza luce per ventisette ore, Aritzo per quindici, Belvì per quattordici, Seulo, Gadoni e Tonara per dodici.

Le aree rurali del Mezzogiorno continentale presentano una vulnerabilità legata alla minore ridondanza delle reti elettriche, per cui un singolo guasto può mettere in difficoltà zone relativamente estese. Quando il freddo arriva dopo lunghi periodi caratterizzati da temperature miti, l’aumento improvviso dei consumi per il riscaldamento può sorprendere la rete locale determinando situazioni di stress che si sommano agli eventuali danni fisici causati dalle precipitazioni nevose.

I fattori che determinano il rischio: non solo temperatura

La geografia del rischio di blackout durante le ondate di freddo non dipende esclusivamente dalla temperatura minima raggiunta, ma dal concorso di molteplici fattori che interagiscono determinando livelli differenziati di vulnerabilità nelle diverse aree del territorio nazionale.

La densità dei consumi rappresenta un primo elemento discriminante: le zone caratterizzate da alta concentrazione di popolazione e di attività industriali registrano una richiesta di energia significativamente superiore, per cui i picchi di domanda durante le ondate di freddo assumono dimensioni tali da poter mettere sotto stress il sistema. Le aree metropolitane del Nord Italia, la pianura padana con i suoi distretti industriali, le grandi città del Centro come Roma e Firenze presentano profili di carico particolarmente elevati che durante l’inverno possono avvicinarsi ai limiti della capacità di trasporto della rete.

La qualità e la ridondanza dell’infrastruttura elettrica costituiscono il secondo fattore determinante: dove sono presenti più linee alternative e configurazioni di rete magliate con sistemi ad anello che congiungono trasversalmente più dorsali elettriche, il sistema regge meglio eventuali guasti potendo attivare sorgenti e direttrici di energia di riserva. Le grandi città e le aree densamente urbanizzate beneficiano generalmente di questo tipo di configurazione, mentre le zone montane e appenniniche si trovano spesso servite da linee radiali senza alternative immediate.

L’esposizione al maltempo invernale severo rappresenta il terzo elemento critico: le aree soggette a nevicate intense, formazione di ghiaccio, vento forte e gelicidio risultano più vulnerabili perché la probabilità di danni fisici alle linee aeree e ai tralicci aumenta significativamente. Le regioni alpine e appenniniche, le zone montane del Nord e dell’Italia centrale, alcune aree interne della Sardegna presentano questa caratteristica di elevata esposizione meteorologica.

L’accessibilità delle infrastrutture costituisce infine un fattore spesso sottovalutato ma di grande rilevanza operativa: se le squadre di intervento faticano a raggiungere una linea danneggiata a causa della neve, del ghiaccio sulla viabilità, della conformazione impervia del territorio, i tempi di ripristino si allungano proporzionalmente determinando blackout più prolungati con maggiori disagi per le popolazioni coinvolte.

La sovrapposizione di questi fattori spiega perché le regioni del Nord e le aree interne appenniniche restano, in media, le zone più sensibili durante le ondate di freddo più severe, mentre le grandi aree urbane del Centro-Nord, pur beneficiando di reti più robuste e ridondanti, possono comunque sperimentare criticità quando i picchi di domanda coincidono con condizioni meteorologiche particolarmente avverse.

Transizione energetica e nuove sfide per il sistema elettrico

Il quadro attuale del rischio di blackout durante le ondate di freddo deve essere letto anche alla luce delle trasformazioni in corso nel sistema elettrico nazionale, che sta attraversando una fase di cambiamenti profondi legati alla transizione energetica. La crescente penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, modifica strutturalmente il profilo di generazione disponibile nelle diverse ore del giorno e nelle diverse stagioni.

Durante l’inverno, quando le giornate sono più corte e le condizioni atmosferiche frequentemente avverse, la produzione fotovoltaica si riduce drasticamente proprio nel momento in cui la domanda di energia per il riscaldamento raggiunge i picchi massimi. Questo mismatch tra disponibilità di generazione rinnovabile e fabbisogno crea situazioni di stress per il sistema che devono essere gestite attraverso l’attivazione di capacità termoelettrica convenzionale, l’importazione di energia dall’estero, l’utilizzo di sistemi di accumulo o, in casi estremi, interventi di riduzione della domanda.

La progressiva dismissione degli impianti termoelettrici convenzionali, conseguenza naturale della transizione verso fonti a basse emissioni, comporta una riduzione della capacità di regolazione di tensione e frequenza disponibile nel sistema, nonché una minore flessibilità nella copertura dei picchi di domanda. Questa evoluzione, pur necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici, rende il sistema elettrico potenzialmente più fragile di fronte a situazioni di stress come quelle determinate dalle ondate di freddo intense.

I cambiamenti climatici in atto contribuiscono ad aumentare la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi, sia estivi che invernali. L’aumento della variabilità climatica si traduce in una maggiore probabilità di sperimentare ondate di freddo intense seguite da rapidi rialzi termici, nevicate eccezionali in zone tradizionalmente poco interessate da questi fenomeni, episodi di gelicidio e ghiaccio particolarmente dannosi per le infrastrutture.

Resilienza e investimenti: la strada per un sistema più sicuro

La resilienza del sistema elettrico di fronte a questi fenomeni estremi sta diventando una priorità riconosciuta a livello europeo e nazionale. L’associazione europea dei gestori delle reti di distribuzione elettrica stima che saranno necessari investimenti per sessantasette miliardi di euro all’anno tra il 2030 e il 2050 per rendere le reti a prova di clima estremo, rafforzando la resilienza fisica delle linee, dei cavi e delle sottostazioni, mappando accuratamente l’esposizione ai rischi climatici e preparando piani di intervento rapido per ripristinare l’infrastruttura in caso di danni.

In Italia, dal 2017, i principali gestori di rete devono presentare un Piano di Resilienza ogni tre anni per migliorare la resistenza della rete agli eventi climatici estremi. Gli interventi previsti comprendono la sostituzione dei vecchi cavi aerei con linee interrate più resistenti a vento e ghiaccio, l’installazione di sistemi anti-allagamento nelle sottostazioni, lo sviluppo di tecnologie innovative come i conduttori con rivestimento super-idrofobico per prevenire la formazione di manicotti di ghiaccio.

Il gestore della rete di trasmissione nazionale ha implementato strumenti avanzati per identificare le aree a maggior rischio di disalimentazioni a causa di neve e vento forte, consentendo di pianificare in modo efficace ed efficiente gli interventi infrastrutturali finalizzati a prevenire i possibili danni agli asset della rete. La resilienza del sistema passa anche attraverso lo sviluppo di nuove risorse di flessibilità, come i sistemi di accumulo e le risorse lato domanda, capaci di assorbire le fluttuazioni nella generazione e nella domanda riducendo lo stress sulla rete durante i momenti critici.

Prevenzione e preparazione per famiglie e comunità

Per le famiglie e le comunità che vivono nelle aree a maggior rischio di blackout durante le ondate di freddo, la prevenzione e la preparazione rappresentano strumenti essenziali per ridurre i disagi. Le raccomandazioni includono la dotazione di torce a batterie o ricaricabili sempre pronte, la ricarica preventiva di smartphone e dispositivi prima dell’arrivo del maltempo segnalato dalle allerte meteo, l’informazione attraverso i canali ufficiali della Protezione Civile e dei gestori di rete, la valutazione di soluzioni di backup energetico come gruppi elettrogeni, power bank capienti o sistemi fotovoltaici con accumulo per le zone particolarmente isolate.

Le istituzioni locali nelle aree montane e appenniniche hanno ripetutamente sottolineato la necessità che i gestori delle reti elettriche garantiscano una manutenzione ordinaria adeguata e continuativa, con particolare attenzione al contenimento della vegetazione lungo le linee e alla verifica dello stato dei conduttori prima dell’arrivo della stagione invernale. L’interramento delle linee nelle zone più esposte, pur comportando costi di investimento significativi, rappresenta la soluzione più efficace per eliminare alla radice il problema degli accumuli di neve e ghiaccio sui conduttori aerei.

La questione dei blackout durante le ondate di freddo non riguarda soltanto il disagio immediato per le popolazioni coinvolte, ma tocca aspetti più profondi legati alla sicurezza energetica, alla resilienza delle comunità e all’equità nell’accesso ai servizi essenziali. Restare per oltre ventiquattro ore senza energia elettrica, sotto la neve e al freddo, in territori montani e isolati significa trovarsi esposti a rischi concreti per la salute e la sicurezza, specialmente per le persone anziane e fragili.

La transizione energetica in corso, con l’elettrificazione crescente dei consumi finali e la riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili per il riscaldamento in favore di tecnologie elettriche come le pompe di calore, rende il servizio elettrico ancora più critico per la vita quotidiana delle persone. Un blackout prolungato in pieno inverno in un’abitazione riscaldata esclusivamente con pompa di calore può trasformarsi rapidamente in un’emergenza, specialmente se non sono disponibili fonti alternative di calore.

La sfida che il sistema elettrico italiano si trova ad affrontare nei prossimi anni consiste nel gestire simultaneamente l’aumento dei consumi invernali dovuto all’elettrificazione, la riduzione della produzione da fonti rinnovabili durante i mesi freddi, l’incremento della frequenza e intensità degli eventi meteorologici estremi e la necessità di garantire standard elevati di continuità del servizio su tutto il territorio nazionale.

Le regioni del Nord, l’Appennino e alcune aree interne del Sud e delle isole continueranno a rappresentare le zone più esposte al rischio di blackout durante le ondate di freddo, richiedendo interventi mirati di rafforzamento infrastrutturale, miglioramento della manutenzione preventiva e sviluppo di sistemi di monitoraggio e intervento rapido. La mappatura accurata delle vulnerabilità territoriali, l’investimento in tecnologie innovative per la resilienza delle reti e la pianificazione di piani di emergenza adeguati costituiscono gli strumenti attraverso cui affrontare una sfida che nei prossimi decenni è destinata ad assumere dimensioni ancora più rilevanti.

La comprensione dei meccanismi che determinano il rischio di blackout durante le ondate di freddo e l’individuazione delle aree maggiormente esposte non serve a creare allarmismo, ma a costruire una maggiore consapevolezza collettiva e a stimolare gli interventi necessari per garantire che anche il freddo più intenso possa essere affrontato con sicurezza da tutte le comunità del territorio nazionale, senza che la neve e il gelo si trasformino in fattori di isolamento e disagio prolungato per intere popolazioni. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!