Monica Setta contro la sua imitazione al GialappaShow: “È Diffamazione, sembro un mostro”

Monica Setta denuncia la deriva social e le minacce ricevute dopo la parodia di Giulia Vecchio al GialappaShow, sollevando il dibattito sui limiti della satira e la tutela dell’immagine pubblica.

La recente imitazione di Monica Setta, conduttrice Rai di “Storie di donne al bivio”, realizzata da Giulia Vecchio all’interno del GialappaShow su Tv8, ha acceso un dibattito acceso sul confine tra satira, rappresentazione mediatica e tutela dell’immagine pubblica. Se inizialmente la giornalista aveva accolto con apparente sportività l’omaggio, definendolo su X “un ringraziamento a scatola chiusa”, nelle settimane successive il clima si è fatto teso, complice una valanga di insulti e minacce ricevute sui social che hanno spinto la conduttrice a intraprendere azioni legali e a denunciare pubblicamente una deriva che, secondo lei, ha travalicato i limiti della satira per sfociare nella diffamazione e nel body shaming.

La vicenda si è evoluta in più fasi. Dopo la messa in onda della parodia, in cui Vecchio ha calcato la mano su alcuni tratti fisici e caratteriali della Setta, la reazione della diretta interessata è stata ambivalente. Da un lato, la conduttrice ha ribadito di non essere contraria alla satira, riconoscendole un ruolo sociale e persino onorifico, dall’altro ha espresso disagio per una rappresentazione che ritiene eccessivamente caricaturale e lesiva della propria dignità personale. In particolare, la giornalista ha contestato la scelta di accentuare difetti fisici che non le appartengono, come il naso adunco, e di invecchiarla e imbruttirla a tal punto da sentirsi, nelle sue stesse parole, simile all’Incredibile Hulk o addirittura a un “mostro”.

Nel corso di un’intervista rilasciata a Vanity Fair, Monica Setta ha chiarito ulteriormente le sue ragioni, sottolineando come la parodia abbia avuto ripercussioni ben più gravi di una semplice ironia televisiva. La conduttrice ha raccontato di aver ricevuto, a seguito degli sketch, una valanga di messaggi d’odio, insulti a sfondo transfobico e persino minacce di morte, tanto da spingerla a presentare un esposto alla squadra mobile della Questura di Roma. Setta ha spiegato che questa escalation di violenza verbale l’ha profondamente turbata, anche per la presenza nella sua vita quotidiana di una madre anziana e di una figlia, entrambe coinvolte loro malgrado nella tempesta mediatica scatenata dalla vicenda.

La questione centrale ruota attorno al delicato equilibrio tra diritto di satira e rispetto della persona. Monica Setta, pur riconoscendo il valore della satira come strumento di critica e di rovesciamento della realtà, ha sostenuto che la rappresentazione proposta da Giulia Vecchio abbia oltrepassato il confine della legittima ironia, insistendo in modo eccessivo sulla fisicità e su elementi che nulla avrebbero a che vedere con la sua identità professionale e personale. In particolare, la giornalista ha lamentato il fatto che la sua attività sia stata ridicolizzata attraverso gesti come mettere i piedi in faccia agli intervistati, alludendo in modo implicito a una scarsa professionalità, e spacciando donne comuni per vip, elementi che secondo lei non rientrano più nella sfera della satira ma sconfinano nella diffamazione.

Non ho assistenti, non ho uno stylist: penso a tutto io. Ed è per questo che mi dispiace quando vengo ritratta in un modo che non sono. L’imitazione di Giulia Vecchio al GialappaShow? Sono convinta che la satira faccia bene e che sia nata per dare fastidio e lasciare spiazzati, ma mi è dispiaciuto essere rappresentata in maniera così estrema: sembro l’Incredibile Hulk. Milly Carlucci è stata proposta in maniera molto morbida e deliziosa mentre io, che in realtà sono molto minuta e ho il 38 di piede, appaio in maniera volgare. Mi hanno messo il naso adunco – che non ho -, mi hanno invecchiata e imbruttita. Sembro un mostro. E questo ha scatenato diverse reazioni.

Ho ricevuto minacce orribili sui social, gente che mi diceva che faccio schifo, che sembro una trans, che devo morire: questo mi ha spaventata, ed è per questo, anche alla luce di diversi messaggi di morte, che ho fatto un esposto agli uffici della squadra mobile della Questura di Roma contro ignoti. Ho una mamma di 92 anni e una figlia che vivono con me: leggere messaggi di questo tipo non è piacevole. Considero un onore e un omaggio essere presa in giro dalla Gialappa’s, tant’è che non ho mai chiesto di bloccare l’imitazione: penso, però, si sia puntato troppo sul tasto della fisicità fine a sé stessa.

Sono 40 anni che lavoro: che bisogno c’è di diffamare la mia attività mettendo i piedi in faccia agli intervistati, quasi a dire che le mie interviste vengono fatte con i piedi? Spacciando, poi, donne comuni per vip: questa non è più satira, ma diffamazione

Non meno rilevante è stato l’aspetto legale della vicenda. Monica Setta ha dichiarato di aver incaricato i propri avvocati di scrivere a Tv8 per “evitare la deriva social” e tutelare il marchio Rai del suo programma, sottolineando come la viralità della parodia abbia generato confusione tra il pubblico e una sovrapposizione tra la sua immagine reale e quella caricaturale diffusa online. La giornalista ha tenuto a precisare di non aver mai chiesto la rimozione dell’imitazione, ma di volersi tutelare da una narrazione che rischia di danneggiare la sua reputazione e la sua carriera, costruita in oltre quarant’anni di lavoro senza appoggi esterni o raccomandazioni.

Sul fronte opposto, Giulia Vecchio, giovane attrice e comica, ha difeso la sua interpretazione come parte integrante della tradizione satirica del GialappaShow, sottolineando la volontà di omaggiare la popolarità di Monica Setta e del suo programma. La stessa Gialappa’s Band, storica fucina di parodie dissacranti, ha sempre rivendicato il diritto di ironizzare su personaggi pubblici, ritenendo la satira uno strumento fondamentale per stimolare il dibattito e la riflessione sociale.

Il caso Setta-GialappaShow si inserisce così in un contesto più ampio, quello del rapporto tra media, satira e social network, dove la rapidità di diffusione dei contenuti e la polarizzazione delle reazioni rischiano di amplificare gli effetti di ogni rappresentazione pubblica. La vicenda solleva interrogativi importanti sul ruolo della satira nell’era digitale, sulla responsabilità degli autori e delle piattaforme, e sulla necessità di trovare un punto di equilibrio tra libertà di espressione e tutela della dignità individuale.