La strategia della Rai per il futuro del Festival di Sanremo assume contorni sempre più definiti attraverso una serie di mosse preventive che disegnano scenari inediti per la storica kermesse musicale. Secondo quanto emerso dalle registrazioni presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, la televisione pubblica ha depositato richieste per tre nuovi marchi distintivi: “Festival Rai della Musica Italiana“, “Il Festival della Rai” e “Italian Song Contest Rai“.
Queste registrazioni, depositate il 14 aprile presso lo studio legale milanese Mondini Bonora Ginevra, rappresentano la risposta diretta di Viale Mazzini alle crescenti tensioni con il Comune di Sanremo e alle incertezze normative che caratterizzano il panorama della manifestazione canora. L’iniziativa si inserisce in un contesto di guerra legale sui marchi che vede protagonisti la Rai, il Comune ligure e persino soggetti privati come Vincenzo Russolillo, imprenditore che ha anticipato tutti registrando il marchio “Festival della Musica Italiana” già a marzo.
La mossa strategica della Rai non appare casuale ma risponde a una precisa logica di tutela preventiva. Dal 2026, infatti, il Festival non sarà più oggetto di affidamento diretto alla televisione pubblica, dopo che la sentenza del TAR della Liguria ha dichiarato illegittimo questo meccanismo, imponendo al Comune di Sanremo l’obbligo di procedere mediante gara pubblica. Nonostante la Rai sia risultata l’unica partecipante al bando per il triennio 2026-2028, con Mediaset e Warner Bros Discovery che hanno declinato l’invito, le condizioni economiche imposte dal Comune ligure risultano particolarmente onerose.
Il bando comunale prevede infatti un corrispettivo minimo di 6,5 milioni di euro annui, superiore ai 5 milioni precedenti, oltre all’1% dei ricavi pubblicitari e dello sfruttamento dei marchi. Queste richieste economiche, considerate eccessive dalla Rai, stanno alimentando le speculazioni su un possibile trasferimento della manifestazione, prospettiva che l’amministratore delegato Giampaolo Rossi ha esplicitamente ventilato dichiarando che “il Festival può essere realizzato ovunque ma non può prescindere dalla Rai.
Le destinazioni alternative prese in considerazione dalla televisione pubblica comprendono località costiere di particolare richiamo turistico e culturale. Tra le opzioni valutate figurano Sorrento per la Costiera Amalfitana, Viareggio per la Versilia, Rimini per la costa adriatica, oltre a possibilità in Sicilia e Puglia. L’ipotesi di un Festival itinerante, che potrebbe toccare una città diversa ogni due anni, rappresenterebbe una rivoluzione senza precedenti per una manifestazione storicamente legata al Teatro Ariston.
Tuttavia, esistono vincoli contrattuali significativi che limitano le possibilità di trasferimento immediato. Secondo quanto emerso, la kermesse non potrà abbandonare il Teatro Ariston fino al 2028, in virtù degli accordi triennali sottoscritti. Il bando vinto dalla Rai ha infatti durata triennale con possibilità di proroga biennale, vincolando di fatto la manifestazione alla sede sanremese almeno fino alla scadenza naturale dell’accordo.
La questione dei marchi rappresenta un aspetto cruciale in questa complessa partita. Il Comune di Sanremo detiene attualmente i diritti sui marchi storici “Festival di Sanremo” e “Festival della Canzone Italiana”, registrati rispettivamente nel 1998 e nel 2010. La Rai, dal canto suo, rivendica la titolarità esclusiva del format televisivo, sostenendo l’inscindibilità tra il marchio e il prodotto audiovisivo sviluppato nel corso di decenni di collaborazione.
Il TAR della Liguria ha tuttavia respinto questa argomentazione, stabilendo che il marchio rappresenta il titolo della manifestazione e non un elemento inscindibile del format, aprendo la possibilità che possa essere associato anche a format alternativi. Questa pronuncia ha di fatto legittimato la possibilità per il Comune di concedere l’uso dei propri marchi a soggetti diversi dalla Rai, purché ne sia rispettata la funzione distintiva.
In questo scenario di incertezza giuridica, l’intervento di Vincenzo Russolillo, patron di Casa Sanremo e gestore del Palafiori, ha ulteriormente complicato il quadro. L’imprenditore salernitano ha registrato a marzo il marchio “Festival della Musica Italiana”, anticipando sia il Comune che la Rai. Questa mossa, descritta come “furbesca” dalla stampa specializzata, potrebbe rappresentare un fattore determinante qualora si concretizzasse l’ipotesi di trasferimento della manifestazione.
Russolillo ha dichiarato che, da imprenditore, deve considerare tutte le ipotesi, inclusa quella di un trasferimento dalla città dei fiori, e ha assicurato che metterà il marchio a disposizione di chiunque organizzerà il Festival. Tuttavia, la sua posizione gli conferisce una leva negoziale significativa in un momento di transizione per la kermesse musicale.
Le implications economiche di questa battaglia sui marchi sono considerevoli. Il valore complessivo del Festival di Sanremo è stimato intorno ai 60 milioni di euro annui, di cui 42 milioni derivanti dalla raccolta pubblicitaria e i restanti dall’impatto economico diretto e indiretto sul territorio. Questi numeri giustificano l’intensità dello scontro in corso e spiegano l’interesse di tutti gli attori coinvolti nel mantenere o acquisire il controllo sulla manifestazione.
Il proprietario del Teatro Ariston, Walter Vacchino, ha sottolineato l’inscindibilità tra la sede storica e la manifestazione, dichiarando che “senza questo teatro non si può parlare di festival di Sanremo”. Vacchino ha evidenziato come settantacinque anni di collaborazione tra Rai e Comune rappresentino un investimento che ha un peso determinante sia per il presente che per il futuro della kermesse.
La questione delle infrastrutture costituisce un elemento centrale nel dibattito. Enzo Mazza, presidente della FIMI, ha definito il Teatro Ariston “un attrezzo vintage” inadeguato per le esigenze contemporanee del Festival. Le criticità riguardano sia la capienza limitata, con solo mille posti disponibili a fronte di quindicimila richieste nel 2024, sia le problematiche di sicurezza legate alla gestione di un numero crescente di artisti e ospiti.
Mazza ha evidenziato come la situazione sia diventata “effettivamente preoccupante” dal punto di vista della sicurezza, particolarmente durante la serata delle cover che vede la presenza contemporanea di tutti i partecipanti e dei loro ospiti. Queste considerazioni supportano le valutazioni della Rai su possibili sedi alternative dotate di infrastrutture più moderne e capienti.
Nonostante le tensioni e le speculazioni, il Comune di Sanremo mantiene una posizione di apparente tranquillità. L’amministrazione comunale ha dichiarato di non voler commentare le indiscrezioni apparse sulla stampa, limitandosi a confermare che la commissione di valutazione sta procedendo all’esame della domanda presentata dalla Rai. I risultati di questa valutazione dovrebbero essere resi noti entro la fine della settimana.
Il futuro del Festival di Sanremo appare quindi caratterizzato da molteplici variabili in evoluzione. La registrazione dei nuovi marchi da parte della Rai rappresenta una mossa cautelativa che mantiene aperte tutte le opzioni, dall’eventuale trasferimento in altre sedi alla possibilità di creare format alternativi sotto il controllo diretto della televisione pubblica. Questa strategia riflette la volontà di Viale Mazzini di non subire passivamente le decisioni altrui ma di mantenere un ruolo attivo nella definizione del futuro della manifestazione musicale più seguita d’Italia.
Le prossime settimane saranno decisive per comprendere gli sviluppi di questa complessa vicenda. L’esito delle trattative tra Rai e Comune di Sanremo, combinato con l’evoluzione della battaglia legale sui marchi, determinerà se il Festival continuerà a svolgersi nella sua sede storica o se assisteremo a una rivoluzione che potrebbe cambiare per sempre il volto di una delle manifestazioni più rappresentative della cultura italiana.