Le indagini sul delitto di Garlasco, uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi vent’anni in Italia, hanno preso una svolta clamorosa. A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la Procura di Pavia ha riaperto il caso con una nuova ipotesi investigativa che stravolgerebbe completamente la verità processuale sancita dalla Cassazione nel 2015: il delitto non sarebbe stato commesso da Alberto Stasi, unico condannato in via definitiva, ma da più persone. Tra queste figurerebbe Andrea Sempio, 37enne amico del fratello della vittima e già indagato in passato. La svolta è avvenuta nell’ambito di un’indagine più ampia su presunti depistaggi e casi di corruzione all’interno della Procura pavese, che getta nuove ombre sulla gestione delle indagini originali. Oggi, 20 maggio 2025, si attendeva il primo confronto diretto tra i principali protagonisti di questa vicenda, ma uno degli attori principali ha clamorosamente disertato l’appuntamento con i magistrati.
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Il delitto che sconvolse Garlasco nel 2007
La mattina del 13 agosto 2007, Chiara Poggi, 26 anni, impiegata laureata in economia all’Università di Pavia, venne trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco, piccolo centro in provincia di Pavia. Il corpo giaceva riverso sulle scale che conducevano alla cantina, in una pozza di sangue, colpito ripetutamente con un oggetto contundente mai ritrovato, probabilmente un martello o un attizzatoio da camino. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Chiara conosceva il suo assassino e lo aveva fatto entrare spontaneamente, dato che al momento del ritrovamento la ragazza era in pigiama e nell’abitazione non furono rilevati segni di effrazione.
A dare l’allarme e trovare il corpo fu Alberto Stasi, all’epoca 24enne studente della Bocconi e fidanzato della vittima. I sospetti si concentrarono subito su di lui a causa di alcune incongruenze nel suo racconto, dell’eccessiva pulizia delle sue scarpe e dell’assenza di sangue sui vestiti, elementi che fecero pensare agli inquirenti che potesse averli puliti o cambiati dopo essere passato sul pavimento sporco di sangue. L’iter giudiziario fu complesso e tortuoso: Stasi venne arrestato il 24 settembre 2007 ma rilasciato quattro giorni dopo per insufficienza di prove, per poi affrontare un lungo percorso processuale che lo vide inizialmente assolto, fino alla condanna definitiva nel 2015.
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Il marzo 2025 segna un punto di svolta inaspettato nella vicenda con la riapertura del caso dopo l’analisi forense di prove di DNA precedentemente non testate. La nuova inchiesta, coordinata dal procuratore Fabio Napoleone con l’aggiunto Stefano Civardi e dalle pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza, e condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano, sta mettendo in discussione la ricostruzione secondo cui sulla scena del crimine ci fosse un’unica persona. Per la prima volta in diciotto anni, emerge l’ipotesi che il delitto possa essere stato commesso da un gruppo di persone, tra cui Andrea Sempio, amico del fratello della vittima Marco Poggi.
Questa ipotesi d’indagine non è solo un terremoto giudiziario ma getterebbe ombre inquietanti sull’intero sistema investigativo che ha portato alla condanna di Stasi. Se fosse confermata la teoria del delitto plurimo, infatti, significherebbe che per diciotto anni la giustizia italiana avrebbe perseguito la persona sbagliata, lasciando liberi i veri responsabili. L’apertura di questa nuova inchiesta arriva in un momento particolarmente delicato per la Procura di Pavia, investita dallo scandalo dell’operazione “Clean”, che ha smascherato un presunto sistema di corruzione coinvolgente magistrati e carabinieri.
Andrea Sempio, 37 anni, risulta attualmente l’unico indagato nel nuovo filone d’inchiesta. Già oggetto di indagini in passato, poi archiviate, Sempio era amico di Marco Poggi, fratello della vittima. La sua posizione era emersa fin dalle prime indagini ma era stata successivamente accantonata. Secondo quanto riportato dai media, la Procura ritiene oggi che il materiale genetico trovato sotto le unghie della vittima possa essere compatibile con il suo DNA.
Altri elementi che hanno portato gli inquirenti a concentrarsi nuovamente su Sempio sono tre brevi telefonate fatte all’abitazione dei Poggi nei giorni precedenti il delitto, quando Chiara era sola in casa, e un biglietto di parcheggio trovato una settimana dopo l’omicidio ma consegnato agli inquirenti solo l’anno successivo. Proprio questi elementi, che in passato non furono ritenuti sufficienti per procedere contro Sempio, sono oggi al centro della nuova inchiesta che ipotizza il coinvolgimento di più persone nell’omicidio.
Un elemento cruciale che ha sempre indebolito l’impianto accusatorio contro Stasi è stata l’assenza dell’arma del delitto. Nei giorni scorsi, gli inquirenti hanno dragato un canale a Tromello, non lontano da Garlasco, alla ricerca del possibile strumento utilizzato per uccidere Chiara Poggi. L’operazione, condotta su indicazione di un testimone, ha permesso di recuperare diversi oggetti, tra cui un martello da muratore che potrebbe essere analizzato per verificare eventuali corrispondenze con le ferite riportate dalla vittima. La ricerca è stata effettuata vicino alla casa dove viveva la nonna delle cugine di Chiara, le gemelle Paola e Stefania Cappa, altro elemento che allargherebbe il cerchio delle persone potenzialmente coinvolte o informate sui fatti.
L’operazione “Clean” e i dubbi sulle prime indagini
Un elemento fondamentale per comprendere la riapertura del caso è lo scandalo emerso dall’operazione “Clean”, un’inchiesta che ha sconvolto il sistema giudiziario pavese portando alla luce un presunto sistema di corruzione che coinvolgerebbe magistrati e carabinieri. Secondo quanto riportato da Il Giornale e citato da Il Tempo, questo scandalo avrebbe gettato ombre sulla correttezza delle indagini condotte in numerosi casi, compreso quello di Garlasco.
L’operazione “Clean” ha portato all’arresto di due carabinieri di spicco di Pavia, il maggiore Maurizio Pappalardo e il maresciallo Antonio Scoppetta, e ha coinvolto nelle indagini anche Mario Venditti, giudice che aveva chiesto l’archiviazione della posizione di Andrea Sempio nel 2017. Questi sviluppi hanno sollevato dubbi sulla possibilità che le indagini sul delitto di Garlasco possano essere state influenzate o addirittura manipolate, portando a quello che oggi viene descritto come un potenziale “errore giudiziario” o “indagine tossica”.
Il procuratore Fabio Napoleone, figura chiave di questa nuova fase investigativa, è descritto come un magistrato riservato ma rigoroso, con una lunga carriera alle spalle che lo ha visto occuparsi di criminalità organizzata e grandi frodi economiche. La sua decisione di riaprire il caso Garlasco, con tutte le implicazioni giuridiche e mediatiche che comporta, viene interpretata come la volontà di fare chiarezza su elementi nuovi emersi nell’ambito dell’indagine sulla corruzione.
Gli interrogatori del 20 maggio: colpo di scena
Oggi, 20 maggio 2025, era previsto un triplice interrogatorio che avrebbe dovuto vedere protagonisti Alberto Stasi (come testimone assistito), Andrea Sempio (come indagato) e Marco Poggi (come testimone, sentito a Venezia dove attualmente vive). L’organizzazione simultanea degli interrogatori è stata vista dagli osservatori come un tentativo di evitare fughe di notizie e possibili contaminazioni delle dichiarazioni. Tuttavia, un colpo di scena ha caratterizzato la giornata: Andrea Sempio non si è presentato in Procura all’orario stabilito.
Secondo quanto dichiarato dai suoi legali, Angela Taccia e Massimo Lovati, alla base della decisione ci sarebbe una questione procedurale legata a una “carenza” nell’invito a comparire per l’interrogatorio. “Abbiamo deciso ieri con Andrea di fare così”, ha affermato l’avvocato Lovati, che ha aggiunto: “Ora ci attendiamo una nuova convocazione con l’avvertimento previsto dal codice e che manca in quello ricevuto”. La legale Angela Taccia ha pubblicato sui social un messaggio eloquente: “Guerra dura senza paura”.
Al contrario, Alberto Stasi si è presentato puntualmente all’appuntamento con i magistrati, entrando dall’ingresso posteriore del palazzo di giustizia accompagnato dalla sua avvocata Giada Bocellari. L’altro legale di Stasi, Antonio De Rensis, ha dichiarato ai giornalisti presenti che il suo assistito “risponderà a tutto” e che è “sereno”, elemento che sottolinea la posizione di chi continua a proclamarsi innocente nonostante la condanna definitiva.
A rendere ancora più surreale la giornata, l’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona si è presentato davanti alla Procura di Pavia, attirando l’attenzione di giornalisti e curiosi con dichiarazioni che lascerebbero intendere l’esistenza di nuovi elementi e testimonianze inedite sul caso. Corona, che già in passato aveva tentato di inserirsi nella vicenda cercando di avvicinare le gemelle Cappa, ha fatto riferimento al ritrovamento di un martello nei pressi di un fiume che potrebbe corrispondere all’arma del delitto e ha lanciato accuse su presunte lacune investigative nei primi anni d’indagine.
Due verità a confronto: Stasi o Sempio?
In questo momento, sul delitto di Garlasco si confrontano due verità diametralmente opposte. Da un lato c’è quella sancita dalla Corte di Cassazione nel 2015, che ha riconosciuto Alberto Stasi come unico colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi, condannandolo a 16 anni di reclusione. La sentenza si basava su diversi elementi indiziari che, valutati globalmente, avevano portato alla conclusione della colpevolezza di Stasi: il fatto che la vittima conoscesse il suo assassino, l’alibi insufficiente del fidanzato, le incongruenze nel suo racconto e la compatibilità delle sue scarpe con quelle dell’aggressore.
Dall’altro lato, emerge ora una nuova ipotesi investigativa secondo cui ci sarebbero stati più responsabili dell’omicidio, tra cui Andrea Sempio. Come ha scritto il Corriere della Sera: “Alberto e Andrea. Andrea o Alberto. Di due, uno solo è un assassino”, sintesi che pone l’accento sul drammatico contrasto tra verità giudiziaria e nuova pista investigativa. Una situazione che riapre ferite mai completamente rimarginate e pone interrogativi inquietanti sulla possibilità di un clamoroso errore giudiziario che avrebbe tenuto in carcere per anni un innocente, o al contrario, sulla correttezza di una sentenza ora messa in discussione da possibili manovre ed interessi esterni al caso.
Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se la nuova inchiesta porterà a sviluppi concreti o si concluderà con un nulla di fatto, lasciando ancora una volta l’opinione pubblica divisa tra chi crede nella colpevolezza di Stasi e chi invece ne ha sempre sostenuto l’innocenza. Una cosa è certa: a diciotto anni dal delitto, il caso Garlasco continua a rappresentare una ferita aperta nella cronaca giudiziaria italiana, simbolo di un sistema che non sempre riesce a garantire certezze definitive sulla verità dei fatti.